domenica 12 ottobre 2008

La parabola dello sfruttamento

Circa vent'anni fa, quando abitavo in campagna, il mio compagno si mise in affari con un tizio per affittare qualche albero di ciliegio pronti per la raccolta.
Noi le raccoglievamo e poi si vendevano in strada.
Alle sette del mattino salivo sulla scala a pioli e ci rimanevo tutta la giornata. Cioè fino a quando le gambe non mi reggevano più e, ai piedi dell'albero, avevo qualche cassetta piena.
Ogni sera portavo le casse all'uomo che mi pagava il pattuito per ogni cassa.
Una sera mi ha pagato esattamente la metà. Con candore dissimulato mi ha motivato la cosa comunicandomi che aveva trovato chi pretendeva meno: un vecchio alcolista senza un braccio e una ragazzina down. Ovviamente non sono andata a malmenare i miei "antagonisti", ho solo preteso quello che mi spettava della giornata e, non senza quache difficoltà per evitare che il mio compagno indignato gli sferrasse un bel pugno, me ne sono andata.
Non sono salita sull'albero il giorno dopo, nemmeno gli altri.
La frutta è marcita lassù, sui rami.

Siamo un po' in una situazione simile.
Anche se i più poveri e più disperati sono troppi, anche se la situazione è di difficile gestione, anche se il caos ci fa sentire insicuri e in pericolo, siamo tutti quì a cercare di mangiare e di vivere dignitosamente, la terra ha perso i suoi confini naturali.
I "tanti" sono sempre più in balia degli oligarchi che le provano tutte per continuare a rubare e sfruttare impunemente.
Dividi et impera. Come sempre.

(lo so che ci hai pensato, grazie per avermelo detto)

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