giovedì 28 ottobre 2010

Cocotte di pane e pancetta con uova di quaglia

e Tilla di agnello e uva bianca e nera, panna cotta alla salsa di cachi e mandarino.

Il menù è stampato su cartoncini gialli, in mezzo alla tavola una bellissima composizione di foglie autunnali presa dal bosco.
Otto donne e le loro storie. La padrona di casa ha la classe della cuoca perfetta.

La cronaca suggerisce l'argomento e vengono fuori storie che non sono state raccontate per anni.

P. oggi ha due figlie, nove e un anno. E' la femminilità fatta persona, la conosciamo bene. Racconta una storia di quando aveva tredici anni. E un amico di famiglia di trent'anni l'ha a lungo molestata. Cose serie, grosse, da denuncia pesante. Racconta di piccoli rapimenti che duravano mezz'ora, di palpeggiamenti in auto e di quando faceva da baby sitter alla bimba di quella famiglia e il padre la chiudeva in bagno con sè mentre si masturbava nella doccia. Racconta di quanto quell'uomo fosse bello e gentile e di quanto si sentisse responsabile per quelle cose perchè a lei lui piaceva. Si chiede, ci chiede perchè non l'abbia mai detto a nessuno. Lo chiede anche alla sorella che è seduta accanto a me. Ci sono voluti trent'anni perchè si decidesse a dirlo a qualcuno, ora lo fa perchè desidera che non accada nulla di simile alla propria figlia in crescita.

B. non ha figli, lavora in ospedale, nel reparto di rianimazione pediatrica. Ha una famiglia d'origine complicata, la cena scorsa ci espose il dubbio, quasi la certezza di avere incontrato il suo vero padre a trent'anni, di come lo vide e si riconobbe in ogni piccolo lineamento del suo volto. Oggi racconta dell'amico di famiglia che quando aveva tredici anni la molestò pesantemente e come, al momento che lei lo disse in famiglia tutti le si rivoltarono contro, dello schiaffone che le diede il padre davanti a tutti (maniaco compreso) accusandola di inventare tutto. B. ricorda ancora come bruciava la pelle sotto lo schiaffo quando preparava la sua valigia e quando uscì dalla casa del padre quel giorno per non tornarci mai più. A tredici anni. Dice "e meno male che i miei erano separati e sono potuta andare a vivere da mia madre".

F. è la sorella di P. Energica donna allegra e divertente. Ci dice che piccolina amava uno zio e gli saliva sempre sulle ginocchia, tutti i bambini lo fanno con le persone che piacciono loro. Ma una volta qualcosa non gli tornò, lui non fece niente di niente ma lei respirò qualcosa di diverso e corse dalla madre a esprimere il disagio. La madre allora fece un discorsetto alle figlie e si dichiarò disposta ad ascoltarle sempre, intanto teneva lo zio sotto controllo. F. racconta una storia di adulta, di una sera in cui accompagnò un amico del fidanzato a comprare le sigarette per il gruppo di amici. Le toccò stare mezz'ora chiusa in auto in una stradina dei colli seduta affianco a questo che si masturbava tenedole l'altra mano sul seno. Non disse niente a nessuno, tornò dal fidanzato e gli amici, distrutta e allibita.

Aggiungo altra storia di amica che non c'era e che non c'entra con le cocotte.
Visita medica, lei ha quarant'anni ed è un dirigente di una grande azienda nazionale, due figli, nessun abito sexi o attegiamento. Il medico è un professorone, è sera, in studio non c'è nessun altro. Lui la tocca e lei si accorge che il suo respiro si trasforma in ansimante, si alza di scatto dal lettino e vede che il pantalone è abbassato. Esce di corsa mandandolo a quel paese. Un paio di giorni dopo mi chiama e la mia reazione è immediata, inveisco ad alta voce e propongo di andare a dirgliene quattro a quel bastardo. Mi ringrazia e mi dice che in quel momento realizza che il marito non aveva reagito come me e che questo l'aveva delusa molto, anche se non lo aveva capito.

Care cocotte allegre, che dire?

Come si disse ieri sera, i tempi ora sono cambiati...Non abbastanza dico io.
Che se gli uomini fanno 'ste cose e altre, mi pare ovvio che la cultura non ha ancora chiarito un bel niente, non è netta la condanna, non è definito quale sia e debba essere il rapporto fra i sessi, non siamo ancora arrivati alla limpida enunciazione del diritto al rispetto della persona.

lunedì 25 ottobre 2010

Il posto umano

Ho cominciato ad agire, ho inviato qualche e-mail con il CV, ho dichiarato l'intento ad un paio di persone, compresa me stessa. Mi ha chiamato un amico che lavora nel mio settore e mi ha detto "ora sento in giro". Il treno è partito, il viaggio non si sa dove finirà.

Vado, che mi sono fatta una promessa e la voglio mantenere, dalla mia adorata maniperl'anima che mi accoglie sempre con un abbraccio. Dopo quasi due ore il mio corpo è tornato nel suo assetto vitale (mi devo ricordare di respirare).

Lei mi chiama "la mia B" e mi sorride sempre con affetto e solidarietà. E mi invita a condividere una nuova cosa che già mi diverte. Andremo insieme ad una serata che si chiama "Il posto umano" che è già un programma...

Penso sempre a Mr C, tesoro.

Reset, mescoliamo le carte

e cominciamo la nuova partita.
Mi appresto alla ricerca del nuovo lavoro, crisi o non crisi, che la mia è prioritaria e né voglio uscire.
Che già mi appare come battaglia dura e pericolosa...la forza ancora non la vedo ma immagino e spero che riuscirà a ricordarsi di mettersi al mio servizio, come sempre ha fatto. Preghiamo e leghiamo il cammello. Al primo "invio" mi sentirò un po' meglio? E così sia, chi cerca trova, prima o poi. Chi non cerca si rosola nella sua immobilità e finisce che perde anche la stima di sé stesso.

Coraggio!

venerdì 22 ottobre 2010

Sguardi assatanati, parole pericolose

Somatizzo. A contatto con loro resisto poi fuggo. Esco stordita, stanca, stupita, un nodo nello stomaco, le tempie che pulsano. Non analizzo, non cerco di capire. Vedo il vortice che le ha prese e vedo che vi si aggrappano. Mi allontano e ancora vedo i loro occhi pieni di rabbia e dolore, sento le parole uscire con veemenza. La loro solitudine si alimenta nella tensione rabbiosa della persona che si sente vittima ma che è anche carnefice di sé stessa.

Il silenzio potrebbe ristorare.
Intanto mi allontano, costruisco la mia zattera per andare lontano, recupero lo spazio che mi serve, silenzio, pulisco l'aria dalle parole violente.

Poi ci pensiamo, poi vedremo. Liberi tutti (quasi).
Io mi sposto, comunque.

Rimango della mia idea: le parole sono di assoluta importanza e vanno usate con attenzione.

Lapsus

Nel locale arrivo per prima, lui è sempre affettuoso. Aspetto un po', si sta bene, che la musica è la specialità di questo posto insieme alla birra ottima e all'amaro del capo versato dall'alto in micro bicchieri ghiacciati. L'oste è un uomo che mi piace, professionale e simpatico, una bella persona.

La mia amica esagera un po', gli chiede come stia, se abbia trovato una compagna dopo la separazione dalla moglie. Io rimango allibita dalla raffica di domande invasive che gli pone, vedo perfettamente che si innervosisce, che l'argomento è doloroso. Lo conosco meglio io e queste domande non le ho fatte, non le farei.

Quando lei gli chiede quando si sposò lui, sotto pressione, risponde "27 giugno 2007" e si allontana. Rimango stupita, confusa. Siamo diventati amici quando venne dove lavoravo per organizzare il soggiorno dei parenti spagnoli della moglie in occasione del matrimonio. Non era il 2007. Lo chiamo e salta fuori che ha sbagliato. Il matrimonio era nel 2003, mi ricordavo bene.

Lapsus: ci ha detto la data della separazione. Rimane sconvolto dall'errore che lo ha esposto nel suo dolore. Vorrei abbracciarlo e cancellare l'interrogatorio che ha appena subito.

Rimango della mia idea: il garbo nel parlare delle cose private degli altri, soprattutto in pubblico, non è un optional.

Lei ha cercato di rimediare dicendogli che gli vogliamo bene.
Rimango della mia idea: sarebbe meglio prevenire, pensare prima di parlare, ma anche parlare meno, rispettare le persone è anche usare la gentilezza come prima regola.

mercoledì 20 ottobre 2010

Notizie e ingarbugli

Periodo un po' pesante: arrivano notizie da lontano e vicino, funerali a cui andrei ma non posso. Telefonate, messaggi e-mail di solidarietà mi avvicinano a chi soffre.

La tensione nel mondo del lavoro ogni tanto, spesso, mi coinvolge, per me e per altri. Ieri mi sono ritrovata con qualcuno che strillava a dieci centimetri dalla mia faccia. E non era il mio capo, non era il mio lavoro. Ho mantenuto la calma, abbastanza. Dopo tre ore mi è arrivata telefonata di scuse. Mi chiedo perché non abbia pensato prima ad evitare...

Sogni. Non ricordo quasi nulla. Solo due volti che appartengono al passato. Marinella. Che c'entra poi lei? Sono dieci anni che non lavoro più con lei. Press. E' morto qualche anno fa, che legame ha con quello che succede oggi?

Nella notte ho dormicchiato e visto un film con Denzel Washington, Hurricane, il pugile accusato ingiustamente che si è fatto vent'anni di galera, così.

Devo andare da un notaio a testimoniare non ho idea cosa...Mi verrà detto.

Strano ingarbuglio fra cose di oggi e di ieri, parlo con persone che non vedevo da tempo. Il bello è sentire che le parole scorrono tranquille e senza fraintendimenti.
Di una cosa sono contenta, ci sono persone con le quali i vecchi patti di amore non cambieranno mai. Mi consola molto in un periodo in cui sembra non riesca a parlare con certa gente (ndr nuovi capi troppo preoccupati di dimostrare la loro autorità).

E mi continuo a ripetere che non è affare mio se le azioni altrui sono sconsiderate e se c'è gente che ancora urla prima di pensare.

Ma che fatica!

domenica 17 ottobre 2010

Maschietti e femminucce

Dopo cena con l'amica e il fidanzato, ultimamente ci ritroviamo noi tre.
Non ricordo come esca il discorso, è la terza volta che lui, che parla poco e niente quando c'è altra gente, imposta la discussione con me su questo argomento. E si infiamma nel dire che gli uomini sono semplici per natura mentre le donne sono complicate, complesse, puntigliose. Vorrebbe convincermi di qualcosa che non mi è chiaro e usa argomenti non-argomenti. Ma è una brava persona e ben sopporta il dialogo in cui gli chiedo di articolare i concetti che vuole esprimere. Per natura? Semplicità sinonimo di pigrizia? La mia amica (sicuramente più "morbida" di me), mentre parlo annuisce. Soprattutto quando affronto la questione della divisione in generi come qualcosa che non mi, ci definisce. Perchè a metà del cammin di nostra vita ancora qualcuno deve dirmi che sono una "femminuccia" e che questo mi caratterizza più di ogni altra cosa? Entrambe ci dichiariamo stupite per essere inglobate in una categoria. Entrambe esprimiamo il disagio nel dover rispondere di pensieri e azioni che non ci appartengono. Storia vecchia, qualcuno si difende pensando a volti del suo passato e non ti vede, non parla con te ma con l'idea che ha di te, di te femmina che non c'entri niente con fantomatici pensieri e azioni femminili che ha incrociato nella sua vita. Sorride, lui, quando gli facciamo notare che non rompiamo le scatole a nessuno, che non chiediamo prestazioni di alcun tipo. Ma forse il problema è questo. Perchè, a sorpresa, emerge che rispettare l'autonomia altrui e le scelte varie senza discutere pare essere interpretato come un giudicare dall'alto. Che poi lo diciamo, e parla anche lei, ci siamo abituate a fare da sole, a fare tutto, a non darci limiti, in due parole ad essere responsabili di noi stesse (e dei figli, chi li ha).
Certo, lasciamo liberi tutti...Non va bene neanche questo?
E il dubbio che gli viene, al maschietto, che così si definisce (non ci siamo mai definite femminucce, noi) è di essere messo in disparte, come se non servisse, come se non avesse più un ruolo.
E dice che c'è una caratteristica maschile indispensabile nello scambio. E alle "puntigliose" scappa la domandona del secolo: "quale"?
Se la definizione che ha dato è che gli uomini sono semplici, che non pensano prima di agire, che non sanno e non vogliono doversi occupare di essere affidabili o saldi, che non sanno essere consapevoli, che non pensano ad altro che ai loro bisogni primari...
Non lo dico io, non lo penso io.
Ma che opinione hanno i maschietti del loro gene maschile?
E si indispettiscono se fai la "femminista", che quando gli argomenti non scivolano, nella favella escono termini a random. L'amica scuote la testa quando rido proponendo un costume da femminista per il prossimo carnevale.

La serata finisce con un "abbracciamoci e vogliamoci bene e non smettiamo mai di confrontarci per capirci", meno male.

Rientrando a casa rifletto sul dubbio legittimo. Se smetti di pretendere e ti muovi in autonomia, dai fastidio? Se ti sei abituata a rispettare gli altri e cerchi di essere affidabile, dai fastidio? Se ti organizzi e con le tue amiche non arrivi in ritardo, se chiedi scusa quando fai un piccolo torto, se non appoggi il tuo tovagliolo sporco sul piatto dell'altro, dai fastidio? Se avviti lampadine e tratti con idraulici, se ti ingarbugli e ti sbrogli in autonomia, dai fastidio? Se chiedi aiuto e sostegno a chi non si fa lavare le mutande dalla mamma, dai fastidio?

Come se le donne non avessero bisogni primari, come se non facessero stupidaggini, come se non fossero pigre e inconcludenti, come se non sapessero essere leggere e cazzone...

Sii più morbida, mi dice quando scendo dall'auto.
Rispondo con un vaffa...
Che le donne dicono parolacce da anni annorum e bevono Sambuca con la mosca senza chiedere approvazione a nessuno.

Poi magari vanno anche dai medici senza che qualcuno lo dica, magari si iscrivono ad un corso di energetica e quando si sentono male si rivolgono ad un terapista (che pagano insieme al mutuo della casetta con grande fatica lavorando in mezzo ai semplici maschilisti che ancora allegramente scorazzano nel modo del lavoro).

Ha ragione lui, non sono morbida...
Sono di gomma!

giovedì 14 ottobre 2010

Adamo ed Eva




Proprio non lo ricordavo questo quadro. Bellissimo.
Klimt

Cugini sul web, ancora

La mia famiglia è sparsa, molto sparpagliata. Parenti entro i duecento chilometri non ci sono. Sarà che avere i genitori di due paesi diversi e che sono cresciuti in un terzo e quarto paese...
Mio padre ha tre sorelle più piccole, mia madre una sorella più piccola.
Sono la primogenita di primogeniti, sono la più grande di tutti. Da bambina, da ragazzina, sono stata la preferita dei nonni e degli zii, forse anche di mamma e papà. E i cuginetti erano quelli che mi toccavano da accudire ai matrimoni etc. Gli anni sono passati e sono dei giganti, li guardo e vedo le faccette che avevano da piccoli. E' strano come oggi ci si incroci su Facebook e scopra che il legame c'è, leggero e sincero, nonostante non ci si veda mai. E oggi, stranamente, non sono più la "grande", come allora non ero la spia dei grandi, loro malgrado.

Oggi ho incontrato il Veneto alto due metri che ha sposato una piccola e simpatica Siciliana. Quando avevo vent'anni me lo spedirono una settimana per fare un esame scolastico, aveva quindici anni. Abitavo in quaranta metri quadri con il compagno di allora. Ovviamente tante cose non le raccontammo mai...Dormiva sotto al tavolo in cucina, che a nessuno venne in mente che non avessi una camera per gli ospiti. Ci siamo divertiti molto ma siamo anche riusciti a fargli prendere il massimo dei voti a forza di lezioni notturne e birrette. Gli zii non chiesero mai dettagli, il risultato era sufficiente.

mercoledì 13 ottobre 2010

Non so, se sapessi

Densa tensione che aleggia al lavoro. Non siamo responsabili. Neppure chi forse esce dal seminato. Oggi il capo ha mostrato una perdita di controllo che certo ci ha un po' scombussolato ma è stato evidente che lì dentro c'è uno strano movimento di rimbalzo...con il collega abbiamo assistito al capo che perde le staffe di conseguenza al trattamento del "suo" capo. Che è anche il nostro...Ma, ironia del tutto, per noi è tutto più sereno e chiaro, oggi. Che stupidaggini.

Finalmente i "capi" vanno via e ci mettiamo a lavorare serenamente con i nostri veri "capi", i clienti, i meravigliosi clienti con i quali andiamo d'amore e d'accordo. E meno male. La signora giapponese corre in camera a prendermi un regalino, che si è commossa quando, dopo dieci telefonate, un tizio mi butta giù il telefono e io non demordo finchè non trovo quello che cerchiamo. Gli inchini giapponesi sono contagiosi, per cinque minuti siamo tutti sorridenti e in posizione dondolante...che ridere.

Due telefonate. Che mi arrivano inopportune. Non si può fare così. Non so, se sapessi. Come se ci fosse il tempo sbagliato, questo lo è. Non ho più tanta voglia di essere il canestro dello stress di altri. Non so, se si chiama dialogo dovrebbe andare in due direzioni, no? Non so, non ho più la forza di sentire tragedie varie.

Invece altri binari scorrono, continuano a funzionare nella loro semplicità. Mi dispiace tanto, amico adorato, amico di sempre. Vorrei poterlo abbracciare in silenzio e rimanere così un po'.

Penso chiamerò la mia ex collega giapponese, chissà che non si possa inventare qualcosa insieme...

martedì 12 ottobre 2010

Torri, camminamenti, celle e segni





Segni sui muri, sul pavimento, sulle porte di legno ancora in vita. Installazioni con voci narranti che parlano del segno e del suo artefice.

Salendo scalette ripide, camminando intorno alle torri. Una porta aperta si affaccia sul buio completo, l'unica cosa che si vede è il nome della cella. Dentro buio pesto, filtra un piccolo spiraglio di luce dalla minuscola grata. Inquadro senza vedere assolutamente nulla. Il flash farà il miracolo: fotografando il nero assoluto mi viene restitiuta un'immagine chiarissima. Continuo a scattare foto al buio e scopro che le pareti sono piene di graffiti e disegni.
Dalla torretta più alta, fra le enormi campane, si vede un panorama mozzafiato.
Il menisco farà un po' di storie, ma tant'è.

Intemperanze di sconosciuti

Che mettono nei guai. Incidente odioso al lavoro. Una tizia mi ha preso di mira e ha sporto denuncia contro di me perchè secondo lei non avrei accolto con sufficiente calore e sostegno lei e il marito disabile. Il malinteso è nato perchè, per una volta, ho seguito lo stile distaccato che il cliente aveva impostato al suo arrivo. E non le è andato a genio. Il my director mi chiede e mi mostra le righe da colei scritte. Mostro al collega che mi rassicura: nel mondo gli strambi sono tanti, è normale che una dose ogni tanto capiti a tutti.

Intanto due ore dopo qualcuno mi regala cinquanta euro per ringraziarmi della mia gentilezza e disponibilità, che le piacerebbe offrirmi una cena perchè ha apprezzato il mio modo di farla sentire sostenuta nella sua visita in città.

A volte siamo alla mercè di movimenti e intemperanze varie, c'è solo da accettare e non farsi distrarre

martedì 5 ottobre 2010

Risarcimento colorato

Mr C è provato da un anno di malattia e di pazienza. Oggi lo hanno convocato, gli hanno attaccato una flebo, gli hanno fatto tre prelievi in mezz'ora e poi hanno sancito che la flebo non serviva e l'hanno congedato, tutto bucherellato e incerottato. Meglio così, se i valori andavano bene, ma...
Ci prendiamo un caffé. Sorride dolce e, all'improvviso si volta un po' di lato, gli occhi gonfi. Ha usato modi spazientiti con sua madre e questo lo ha fatto soffrire, si sente in colpa, che non se lo merita, dice. Certo che non se lo merita, ma certamente capisce, lo rassicuro, ci provo.
Poi alza lo sguardo e mi chiede se lo accompagno a comprare il "cotone".

Così ci ritroviamo nella merceria di fiducia a scegliere venti euro di spolette di ogni colore, che la mamma sarà contenta. La signora ci accompagna nella scelta della tavolozza colorata con gentilezza e divertimento. Un piccolo incidente odioso ci distrae qualche minuto: un bimbetto si infila nella vetrina e rovescia tutto. La signora, che in quindici anni ho visto sempre pacata e sorridente, perde le staffe, pacatamente si infuria e dice alla nonna e alla madre "ma tenetelo stretto".
Le due sono talmente prive di capacità relazionali che nemmeno chiedono scusa, fanno finta di niente. In venti metri quadri???

Biciterapia a pedalata serrata. Succhino di mirtillino. Rientro sotto la pioggia. Puntata da Narciso, c'è il ragazzo bello dal sorriso dolcissimo. A casa, per entrare ho dovuto sdraiare la bici e farla passare SOTTO un auto, ma a questa gente non viene in mente che la porta sia fatta per entrare?

lunedì 4 ottobre 2010

Il bar di Cesena

Notizia del tg regionale: in un bar accettano le lire. Mi verrebbe da organizzare una gita fuori porta con sacchettino di vecchia valuta da spendere.

Immagini sfuocate

Che strana cosa, cercando un volto mi ritrovo a vedere una maschera di gomma. Invece mi ricordo un paio di occhi non umani e sento ancora ammirazione e simpatia per un modo di essere pieno di dignità e consapevolezza. Che si tratti di un quadrupede è solo un dettaglio. Intanto la signora mi dice che Saturno ancora influenza i mesi a venire. Mah!

Intanto nell'angolo pieno di pace protetto da Poseidone fanno ancora il bagno e il sole regala tiepida serenità.
Sfuocato è il sentire, mai il vedere.

Turismo della prima immigrazione

Due facce della stessa medaglia, così la vedo.
Mentre l'Europa diventa terra di approdo per il sud del mondo, meta di ricerca di una vita migliore per i nipoti delle ex colonie, che poi sono semplicemente state terre di sfruttamento, che poi è l'antico significato della colonia (vedi l'antica Grecia)...e le conseguenze e le problematiche si moltiplicano proporzionalmente alle reazioni anacronistiche e violente...che a volte capita di pensare che abbiano tutti ragione e che ci vorrebbe un arbitrato saggio che certo non può essere quello dei governanti beceri che abbiamo.
Mentre il popolo della classe media e bassa si lascia intrappolare dalla guerra dei poveri che è, come al solito, risolutiva solo per chi guarda dall'alto e si sfrega le mani piene di soldoni...

Ci sono persone che viaggiano per vedere i luoghi di origine dei nonni o dei bis nonni, famiglie piccole e grandi che arrivano quasi in pellegrinaggio nella terra che ha visto l'antenato fuggire alla ricerca del pane in un paese del nuovo mondo.

Madre e figlio dal passaporto italiano che non parlano una parola di italiano sono arrivati da Sao Paulo du Brasil per andare a visitare la stradina di Bologna dove il bis nonno esercitava da ciabattino. Una milionaria dermatologa di Buenos Aires è stata invitata dal paese di origine nel Rovigoto più depresso per ricevere la cittadinanza ad honorem. La giornalista di New York visita l'Aspromonte alla ricerca dei ricordi della nonna con il quadernino di appunti che l'anziana signora teneva sul comodino.

Un nonno arriva con tutta la sua famiglia, tre figli, tre nuore, 7 bambini in visita dal Portogallo. Il primogenito parla italiano, tutti gli altri no, i bambini però parlano inglese perfettamente. Ci tiene a dirmi che è Bolognese, lui, nonostante sessant'anni sull'Atlantico.

Non so, credo si dovrebbe dare voce a tanta gente che non ha voce e che invece avrebbe tanto da dire.