lunedì 29 novembre 2010

Alla locanda di Elio


Gita programmata per pranzo a casa di un vecchio e caro amico.
Ci invita ad usare il treno, che la casetta è in paesotto di montagna. Al binario arriviamo completamente fradici che piove tanto e forte. Durante il tragitto dal finestrino si vede la steppa innevata, nevicherà fino a sera. Arriviamo alla locanda e ci tocca una discesa inquietante piena di neve che la porta di ingresso è laggiù. La casetta è veramente piccina e stracolma di oggetti vari, troppi. La tavola è ancora un quadrato che si rifiutò la mattina di aprirsi, spostiamo tutto e la trasformiamo. Finalmente tutto il ben di Dio prende posto in mezzo ai mille centrini ricamati. Il cibo è tutto bio a base di granaglie e frutti dell'inverno, siamo tutti scalzi e allegri. La bimba si gode con sorriso smagliante gli amici della mamma e, mentre dalla finestra la neve è fitta e abbondante, noi si parla e ride. Mettiamo la sveglia per non perdere l'appuntamento con il treno giusto e usciamo verso la stazioncina. Finisce che ci toccano 90 minuti di attesa snervante e l'ascolto infinito dell'annuncio "il treno...è bloccato, sospeso. il treno... è spostato, i treni...hanno maturato 30 poi 40 poi 60 poi 90 minuti di ritardo". La sala d'attesa è: gelata/bagnata/zeppa di neonati e famiglie di immigrati con valigie enormi/sprovvista di sedute. La nostra bimba resiste allegra che ha i dopo sci, per fortuna. A quindici minuti dall'arrivo del treno comincia a dire che ha freddo, molto freddo e che vorrebbe tanto andare a casa a scaldarsi davanti ad un fuoco caldo. Quando ormai il nostro ospite gelato (che essendo a due passi da casa è uscito mezzo nudo) ha la sua tipica aria furibonda, il treno arriva.
Meno male che il vagone è riscaldato e possiamo togliere tutte le scarpe inzuppate.

Tutto bene.
La bimba riassume cosa ha imparato oggi:
nevica anche in città - io sono la zia di tutti per merito - le polpette di miglio non le piacciono - il nostro ospite ha tre nomi, tutti validi - ci sono persone che parlano altre lingue oltre all'italiano - la mamma della zia di tutti è la Jajà di tutti, non la nonna di tutti - torneremo presto alla locanda ma ci saranno le lasagne speciali - la neve fresca si può mangiare ma previo controllo di un adulto - in stazione non si deve oltrepassare la linea gialla etc etc

venerdì 26 novembre 2010

La lista di chi mi induce al lamento oggi


Mi lamento:
Di chi non risponde alle chiamate e ai messaggi.
Di chi chiama solo se ha bisogno che tu risolva, aiuti, organizzi.
Di chi decide che tu hai denaro sufficiente per farti lo squillo per essere richiamato come i ragazzini adolescenti ma che adolescente non è.
Di chi si permette di pretendere che tu aggiusti tutto ed ha anche il coraggio di brontolare se non scatti alla richiesta (e non parlo di lavoro).
Di chi ti sveglia a tutte le ore della notte per emerite stupidaggini.
Di chi ha disdetto il telefono fisso e ti chiede di fare telefonate internazionali per tranquillizzare una ottanovenne che ha messo in agitazione con notizie preoccupanti, senza motivo.
Di chi appesta l'aria con odori terribili alle sette di mattina e ti costringe a correre fuori a respirare per evitare ribaltamento di stomaco (lavarsi?)
Di chi aveva proposto serata di scambio solidale e invece prova a propinarmi film di Harry Potter, che è noto sia l'ultima cosa farei.
Di chi sono giorni che deve dare una conferma e non la darà e non lo dirà.
Di chi ha solo cose terribili da dire e te le urla in faccia, che non si tratta di condivisione è chiaro.
Di chi fugge alla presenza e la gioca facendo finta di niente (e il ruolo richiederebbe invece il contrario).

Di chi tocca argomenti sacri, di dignità della vita erigendosi a giudice della sofferenza altrui.
Di chi inventa pompose giustificazioni razziste e ammicca cercando il tuo consenso.
Di chi con la scusa del sentimento sbatte in faccia agli altri gelosie e aggressività.

Anche di chi, e quella sono io medesima, ancora si stupisce e rimane di ghiaccio invece di salire su un monopattino, un treno, un aereo, una mongolfiera...

giovedì 25 novembre 2010

Che banda ragazzi!

Scopro che la mia situazione è discussa da un po' di persone.
Un'amica ha preso a cuore la faccenda ma anche un medico appena conosciuto, un guru di livello internazionale. Un altro medico che nei mesi passati mi ha tanto coccolato è felicissimo che l'autorità dallo studio iper tecnologico abbia proposto cotanta chirurgia fantascientifica.
Domani mi tocca trovare collaborazione dalla mia banca...

Il sentimento è di massima gratitudine.
Gli amici quando dimostrano generosa assistenza e solidarietà sono splendidi.
Vento in poppa, che la fortuna non è non avere guai ma trovare il modo migliore di risolverli.

venerdì 19 novembre 2010

Kayo ebisu

Bio-fashion designer: piccolo negozio e signora Japanese che mi allunga il bigliettino da visita con un bel sorriso invitadomi ad entrare una volta che ripassassi. Le deviazioni spesso sono propizie, le strade laterali oggi mi regalano una serie di bei posticini, dalle lavanderie simpatiche e operose alla camiceria su misura, ai due o tre laboratori di ceramica e arti varie, alle erboristerie piene di bella luce calda e profumi delicati, dalla bottega di Max, mio vecchio collega che vende prelibatezze speciali e vini rarissimi oltre ad una collezione a tiratura limitata di cedrate e chinotti artigianali, al semplice Plenty Market centraiolo con prodotti che la grande distribuzione non avrà mai. Passeggio allegra sentendomi stanca e libera. La sosta al caffé è stata anche un bel modo di chiudere una partita della settimana scorsa: abbiamo recuperato il doppio pagamento di un aperitivo e ci siamo fatte un amico, che il proprietario ci ha rimborsato l'errore senza storie offrendoci le consumazioni e un bel sorriso. Ci sono momenti con le amiche che scaldano...

Si va al ristorante greco con tre persone che amo molto da un sacco di anni.
Si dice a qualcuno che sarebbe meglio stare alla larga dagli s.
La collega della gita alle Terme mi dice "usciamo dall'autostrada alle Terme Felsinee", certo, rispondo, così andiamo alla Barca invece che in Veneto...
La palazzina andata in fiamme (ndr il TG qualcosa aveva detto) è quella dove abita la madre della mia amica, che la sfiga ci vede benissimo.

Allegre cose a tutti.
Avrei voglia di fare oggi i regali di Non-Natale...
Cara Plain, certo che sei bella e intelligente, anzi meglio!
Passerà, passa sempre.

giovedì 11 novembre 2010

Atene, la crisi affogata in un caffè frappè



Mi dice la ragazza tanzaniana che ha sposato un compaesano che ha un bar in Atene "ma che cavolo sta succedendo laggiù? Sono tutti così tristi in Grecia!".
Elezioni comunali in Atene, come andrà? Come al solito. Leggo su un sito anarchico come avrebbe potuto essere affrontata la crisi dividendo il sacrificio fra il popolo e le banche europee. Ovvio che le multinazionali e le imprese di finanza interessano di più delle famiglie greche. Quelli che stanno meglio, i privilegiati, hanno perso "solo" cento euro al mese e tredicesima e quattordicesima. Gli altri...
Il Ministero della Salute non rimborsa le farmacie della quota dei farmaci da tre anni, praticamente chi ha una farmacia sta sovvenzionando la salute dei connazionali.
Non ridono più, dice qualcuno. Però protestano e si infuriano, a volte eccedono. E hanno una sinistra che ha messo da parte le storiche divisioni, si mormora...

Una parte di me vorrebbe tanto essere in un baretto alla Plaka con il mitico caffè (del resto carissimo ormai, mi sembra l'ultimo averlo pagato 5 €) e vorrebbe che tutta la polvere nascosta sotto il tappeto in tutti questi anni saltasse fuori alla svelta, TUTTA, costi quel che costi.
Mi pare proprio che abbiamo bisogno di risorgere dalle ceneri. Purtroppo ancora troppa roba deve ancora incendiarsi!

E c'è ancora chi pensa sia meglio andare a ragazzine minorenni a pagamento che essere gay. E non parlo del leader massimo ma del becero popolo de no'artri

domenica 7 novembre 2010

Les cuisses a l'ecart du coeur



Correndo lungo la linea sottile che oscilla tra il disagio e l’umorismo, "Les cuisses à l’écart du cœur" getta uno sguardo ora ironico ora spietato sulla complessità odierna dei rapporti tra uomo e donna. Al centro di tutto c’è l’atto sessuale, spogliato di ogni sovrastruttura romantica e trasformato in una sorta di ballet mécanique che rivela la sua natura di lotta.

Ho comprato il biglietto e sono andata, bella tranquilla, a vedermi lo spettacolo di danza contemporanea, senza saperne molto. E mi sono divertita tantissimo, mi sono goduta l'oretta di danza assaporando ogni movimento e ogni trovata pazzesca della coreografa canadese Virginie Brunelle. La coreografia mi ha ricordato nei movimenti quel magnifico periodo in cui la danza faceva parte della mia vita quotidiana, quando con Claudia, magica insegnante, si sudava due/tre volte la settimana in palestre sgarruppate. La musica e la scena spoglia mi hanno trasportato in quell'atmosfera magica che la danza mi comunica quando è racconto e ribellione, armonia e denuncia senza mezzi termini oltre che la libertà del corpo che può fare tutto.
La nudità dei danzatori era perfetta, la violenza della parodia delle relazioni sessuali una descrizione precisa seppur surreale nell'espressione.
In sala tanta bella gente, facce interessanti, donne fascinose senza abiti volgari, persone sole che avevano tutta l'aria di essere esattamente dove voevano essere, come me, coppie di ogni età che si parlavano con garbo e rilassatezza. Un bell'oasi rispetto al rumore del becero di cui è pregno il mondo.
Gran finale: un ballerino si muove sul palco usando straffotenza machista, ammiccando e citando abbordaggi volgari. Il gruppo di spalle pian piano si spoglia e, uno alla volta si tolgono le mutande e gliele infilano in bocca.
Gli applausi a luce accesa hanno mostrato ragazzi giovani, volti e sguardi bellissimi. Sono uscita nella sera fresca sentendomi proprio bene.

Poi, a cena con gruppetto di amici, il mio buonumore è stato contagioso per chi "assomiglia" a me :-)

Qualcuno ha invece perseverato nel misfatto solito: voce a decibel esagerati, sgradevole atteggiamento poco spontaneo quanto molesto. Con noioso disappunto di amici e perplessi commensali ignari. Ma questo non è affare mio, messo in atto la difesa strategica (scelto posto a tavola lontano dall'urlatrice, vicino a ragazzo delizioso). Stiamo tutti bene...Spero che chi continua ad invitare quella persona si sia convinto che spesso il "no grazie" non solo è indispensabile ma è anche lecito e giusto.

mercoledì 3 novembre 2010

Lars e una ragazza tutta sua


L'avevo addocchiato questo film e, per una volta, mi sono mantenuta l'impegno e ci sono andata. Anche se pioveva, anche se non sapevo molto del film e della serata all'interno della quale veniva presentato. Mi sono mangiata un falafel ottimo di Persepolis e sono salita nella spoglia sala dove lo proiettavano. Film delizioso, divertente, commovente, intelligente, delicato e mai gratuito. Un gran bel film, girato bene e dal ritmo che ti tiene per tutta la visione attento e partecipe di ogni piccola sfumatura. Un inno alla solidarietà e alla complicità che si nutre di comprensione e tolleranza, uno sguardo sulla sofferenza mentale che viene mostrata prima di tutto quale dolore sentimentale, difficoltà emotiva, paura di essere nel mondo e di agire in esso. Il tutto condito e accompagnato con semplicità da trovate molto spassose dove il surreale dialoga con il reale, dove tutto sembra ed è possibile se c'è l'amore e la forza dell'aiuto spassionato. Mentre la storia scorre veloce anche noi spettatori cominciamo a credere che Bianca esista oltre alla sua fattezza di bambola, esiste per Lars e, man mano che entra a far parte della piccola comunità della campagna del Nord America, quando cominciano tutti a parlarle e la accolgono fra loro, anche noi la viviamo come personaggio che ha la sua vita. E quando Lars comincia a parlare con lei, poi con la dottoressa, poi con tutti gli altri, quando esprime sè stesso e inizia la sua difficile entrata nel mondo, siamo tutti con lui e siamo grati a Bianca. Bianca è la crisi che serve a risalire, il pretesto per svoltare, lo strumento per parlare con il mondo, la principessa amorevole che vuole che Lars cominci a vivere.

Le luci si accendono e parla la psicanalista. Dopo qualche minuto ribadisce la sua interpretazione univoca. Il mio vicino sorride e sbuffa, non gli sembra vero che forzino così un film a scopi freudiani (poco ortodossi, aggiungo). E alla terza volta che la tizia parla di donna desiderio e donna ideale e di nevrosi, di identità mediata con unico riferimento il sesso...
Il vicino ri-sbuffa e mi comunica il suo dissenso, che un film così bello non può essere usato così. Gli sorrido, non so cosa dire. Dieci minuti dopo decido che non voglio mi rimangano quelle parole ma preferisco ripassarmi il film senza bla bla. Ed esco dalla sala piena di gente, salgo sulla mia moto e me ne torno a casa respirando un po' di magia ricordando scene e dialoghi del film.

martedì 2 novembre 2010

When sunny gets blue



Anita O'Day mi piace moltissimo, mi mette allegria. Come vorrei essere per un attimo trasportata laggiù...

Non so, manca un po' di magia in quest'epoca fatta di cinismo becero. Che poi non ci vuole molto. Bastano un paio di persone di chiara espressione e argomenti più alti, più interessanti...
Al baretto nella solita via incasinata, dopo cinque minuti delle solite noiose storie di intemperanze di qualcuno. Arriva questo bel signore con la coppola, il maglione grosso e le ciabatte (le ciabatte portate con maggiore eleganza della storia). La Maki lo abbraccia e lo sbaciucchia e lui si siede con noi. Occhi che guardano e parlano, presenza e non assenza o dissimulazione. E' napoletano ed è un po' che non sento parlare un Napoletano doc. Ha i modi garbati di Babà, mi scappa di pensare. Poi però parla di Massimo Ranieri e di Mariangela Melato. E' un attore che ha lavorato con i più grandi. Penso che mi piacerebbe tanto conoscere la Melato, altro che pettinare le bambole. Sta un po' con noi e parliamo di tante cose, del suo new baby che ha chiamato Aristotele, dei suoi figli grandi, di Napoli e di Bologna, della singletudine e dei rapporti.

Che poi sta tutto lì, come dice lui, la maturità espressiva è fondamentale per le relazioni. E anche se sono stata presentata quale precisa donna, ci salutiamo affettuosamente con un arrivederci a teatro (Miseria e Nobiltà, sì che mi va).

Torno a casa con il mio acquisto del secolo e con lo scontrino del conto vendita del mercatino dell'usato. Sì, l'ho fatto, ho venduto un regalo che mi ha fatto qualcuno anni fa sottolineando che si trattava di preziosa cosa. Non mi è mai piaciuto e mai mi è andata giù l'espressione con la quale mi era stato dato, sono molto felice che sia uscito di casa mia.