domenica 30 ottobre 2011

Adolescenza

G. è un ragazzo dolce e vivace, garbato, elegante, simpatico.
Sferzante, dissacrante e divertente. Ha una trentina d'anni e una vita tutta bolognese nonostante il suo colore di pelle. Non ha una strada lavorativa iniziata, non ha una direzione definita.
Non è un giovane che dorme o che non si renda conto delle cose.
Non lo conosco tanto bene da sapere che succede esattamente, lo guardo e mi chiedo dove andrà, dove potrà andare...
Quando ci vediamo mi abbraccia, mi sorride, ogni tanto mi si avvicina e mi lancia una carezza o un bacetto. Credo siano solo dei piccoli momenti di contatto, è affettuoso e si prende la libertà di esprimerlo con chi capisce.
Io capisco.
Ogni tanto estrae il suo piccolo quaderno dalla borsa e scrive.
Prende appunti. Non nasconde la noia rispetto alle convenzioni della società.
Ha grande interesse per le problematiche relative alle donne, allo sfruttamento delle donne, al mondo della notte e della prostituzione, alla vita e all'educazione dei bambini e dei giovani. Ascolta discorsi vari e beceri e interviene quando vengono dette stupidaggini su questioni pedagogiche.
Sembra un po' un matto quando battezza le coppie che si incrociano per strada: gli uomini non passano illesi dal suo "setaccio"...in linea di massima gli fanno spesso venire i capelli dritti, li descrive con lingua tagliente, non né salva molti.
Se poi vede un padre trattare i suoi figli con atteggiamento scostante, freddo, imbranato...apriti cielo. E via di spassose espressioni ironiche, invettive esagerate, dichiarazioni paradossali che ci fanno sbellicare dalle risate.
Mi hanno detto che ha un fratellino di cui si occupa con passione, che la sua è una famiglia composta da una madre giovane con tre figli e nessun padre...
Ieri sera, come altre volte, l'argomento in pizzeria era una ragazzina difficile (che io ho visto solo qualche hanno fa quando aveva una decina d'anni), una ragazzina che pare sia fuori controllo. Qualcuno diceva che si tratta di genetica, di carattere. Qualcuno diceva che bisogna evitare contatti con i ragazzini adolescenti (in che senso? li si deve abbattere?). Qualcuno diceva che la suddetta è una delinquente (in che senso possa esserlo una tredicenne mi è difficile immaginarlo). Lui stava calmo e mi guardava aspettando che parlassi, che lo sa che non so stare zitta. Alla fine l'ovvio è stato accettato dalla tavolata (anche dalla single incallita che proponeva l'eliminazione dell'adolescente in questione). Qualsiasi cosa esprima una piccola persona in crescita è sintomo ed espressione di malessere e mancanza di equilibrio. G. ed io abbiamo insistito molto sul fatto che prima di giudicare gli adulti coinvolti abbiano il dovere di capire, aiutare, cercare aiuto e proporre soluzioni possibili. Un po' storditi, i nostri commensali hanno detto che sì, probabilmente avevamo ragione.

Ma va là!?!

venerdì 28 ottobre 2011

Coniugazione becera

Io becero
tu beceri
egli becera
noi beceri
voi beceri
essi una massa di beceri sfrontati e sereni

La signora cammina lentamente nella via del centro trafficata, si ferma e, con calma, estrae un paio di scarpe da donna modello decoltè con tacco alto, seminuove. E le appoggia in un punto X del portico. Poi piega con calma il sacchettino che le conteneva e si riavvia mentre io, allibita, mi fermo per cinque minuti abbondanti a guardare questa coppietta di scarpine eleganti che ora fanno parte dell'arredo urbano. Ovviamente fra l'indifferenza generale.

Verso il mercato (dieci minuti, che più non è cosa)...
E sì, non siamo tutti uguali, che questo si saprebbe già...
Ma quello che ho visto era la selezione di Miss/Mister volgar-tamarro di Becerland!

Così, niente di che.

venerdì 21 ottobre 2011

Incidenti stradali

Ho visto un'amica che avevo perso di vista, solo di vista che nei mesi estivi abbiamo tentato un paio di comunicazioni che sono rimaste al livello telefono/sms/squilli non risposti/appuntamenti rimandati a "quando ci riuscirò".Ci conosciamo da tanto tempo, un sorriso di persona è già una cosa che scalda (non più come un tempo vista anche la giornata terribile e bagnata).
Poche notizie rilevanti.

Un racconto: macchina distrutta, la macchinina nuova tanto festeggiata. In galleria, scendendo dai nostri monti vicini, niente di che, i monti.
Improvvisamente si è trovata di fronte, in mezzo alla carreggiata, un cane. Un semplice, grosso, affranto cane SEDUTO, come fanno i cani, a "triangolo".
Mi racconta che ha seriamente pensato (pensare non è proprio la parola esatta, quando viaggi a velocità in un galleria in autostrada) fosse una sorta di allucinazione. Fatto è che non ci ha lasciato le penne solo perchè ha deciso (lei, l'istinto, il caso, il suo angelo custode?) che, comunque, avrebbe evitato il cane, o allucinazione che fosse, tentando con tutte le sue forze, di non perdere il controllo dell'auto. Schianto sulla parete della galleria, auto da buttare, ambulanza, polizia e quant'altro. Tremarella che è durata due giorni ma niente di rotto. Fortunatamente il cane c'era. Era lì, sempre seduto, sempre affranto (lui sì che aveva una zampa rotta), sempre a "triangolo" a guardare tutto quel pandemonio.
Fortunatamente perchè così non hanno chiuso la mia amica in osservazione psichiatrica e non le hanno detto "mò paghi tutto tu".

Il povero cane, veramente mi chiedo come potrà continuare la sua vita da cani dopo quest'esperienza, veniva trasportato da qualche guidatore di non so che mezzo verso una mostra canina (di bellezza canina, di abilità canina, de che?). Ancora non capisco come sia finito SEDUTO in mezzo alla carreggiata dell'A1...
Insomma, vattelapesca, 'sta gabbia si è aperta e il cane è finito sull'asfalto in mezzo alla galleria dell'autostrada del sole.

Ma che cavolo!
L'arroganza del genere umano. La stranezza dei tempi moderni. Il modo più stupido per morire in autostrada (e immagino ce ne siano a migliaia ogni giorno).
Povero cane. E meno male che la mia amica sta bene e può raccontare la storia del cane seduto "a triangolo".

mercoledì 19 ottobre 2011

Ayran: il mio yogurt salato

Buonissimo, che ho chiesto alla signora turca se assomigliasse alla bevanda che bevono in Iran...mi ha guardato con dolcezza e ha scosso la testa per dirmi che proprio non ha idea di che facciano in Iran. Giusto, perché dovrebbe?

L'arietta è dolce stasera, mi sento bene dopo qualche giorno di pseudo influenza.
Avevo un mezzo appuntamento e mi sono avvicinata al centro, la telefonata è stata veloce, non ho discusso l'improvviso rimandare a domani qualcosa che avevamo detto un'ora prima sarebbe stato oggi. Tanto, mese più, giorno meno...
Un po' di malinconia, avrei voglia di altre cose, di maggiore "scioltezza" nell'organizzare gli incontri con gli amici. Ho fatto un giretto piacevolissimo godendomi la serata calda e la luce simpatica che non faceva capire che siamo alla fine di ottobre. Nella zona universitaria i baretti erano gremiti di giovani seduti ai tavolini, ogni tanto anche un paio di anziani che parlottano e sorridono con un bicchiere di vino. Nostalgia di altri tempi, forse solo di un'altra età. Ma non è più di un dolce, piccolo, rimpianto momentaneo.

Mentre compro la cenetta a base di zuppa di pollo e mussakà con pilaf dalla cuoca turca, mi sento serena e allegra, felice. E me ne torno a casa con i miei piccoli sacchetti facendo piccoli progetti che realizzerò, lo so.

Il controllo è andato bene, l'intervento pare sia andato meravigliosamente, prossimo controllo il quattro aprile duemiladodici (che strana data), assegno staccato e non mi sento per nulla "alleggerita" o preoccupata.

F. mi chiama e sistemiamo una traduzione, che un messaggio non era stato ben capito, che spesso mi credo che tutti capiscano le cose che scrivo seppur in inglese o francese (i colleghi poliglotti fanno questo scherzo). Mi manca, ci manchiamo, questa settimana solo telefonate veloci fino al fine settimana.

Io corro, lui corre, corriamo e sogniamo qualcosa che poi ci diciamo magari "bisognerebbe aspettare". Facciamo i saggi, alternati...si vedrà.

venerdì 14 ottobre 2011

Sono un colibrì in libera uscita

Che la leggerezza mi permette di stare e volare
Che mi fermo e mi rilasso e poi prendo direzioni che raggiungo
Che mi sembra di essere in un giardino profumato
Che il colore mi piace e sono attratta dalla musica e dalla poesia


Mercoledì- luna piena- serata pazzesca in un luogo da favola.
Sette donne, un laghetto, sei cigni bianchi curiosi e simpatici, cristalli, incensi, acqua-aria-fuoco-terra posizionati nei punti cardinali.
La luna piena alta nel cielo, il nostro cerchio e le nostre parole senza indecisioni.

Giovedì- teatro- musica e letteratura.
Una delle cose più piacevoli e belle abbia mai visto.

Oggi- Tribunale, avvocati, giudice (donna bella, ovviamente). mia testimone perfettamente efficace, i due avvocati del "nemico" rimangono ammutoliti.

Intanto fidanzato desaparecido: telefono e non risponde, messaggio e niente.
Poi la conferma che c'è e che sa cosa fare e lo fa e io capisco cosa avrebbe fatto e la conferma è che, appena rispondo alla mail, sento la sua bella voce, con gioia e sollievo. Solo un telefono rimasto sul letto.

Dentista, esattamente party di accoglienza dal dentista, festeggiano il mio coraggio e il risultato sul mio sorriso. Una carie subdola viene curata, olè. Occhi belli, il dottore è un uomo buono, come disse qualcuno.

Passeggio e parlo anche con i muri, i sorrisi mi fanno sentire che siamo allegre anime che stanno poi bene insieme, basta scegliere l'opzione giusta.
Tutti: fruttivendolo, venditrice di borse, commessa vintage con la parlantina artistica che è assolutamente felice di come mi stiano i jeans d'alta moda usati (5 euro), donna del negozietto di gioielli indiani con amico simpatico (perchè un biondone così aveva una minuscola papalina sulla testa?), il bellissimo Gabriel (Cubano delizioso che mi accoglie con il primo abbraccio della nostra lieve e garbata amicizia), l'uomo che crea neonati in silicone e vinile che all'inizio mettono spavento per la verosomigianza e poi, quando mi spiega il tutto, mi riempiono di tenerezza...

La Maria che mi dice perchè ha voglia di vedermi, con la quale ci mettiamo a parlare un po' di Claudio, che ci fa tanto bene ogni tanto farlo.

Prendo il libro e leggo un po'- e non riesco a non fare quello che faccio sempre quando tocco il libro: canticchio il ritornello di una canzone che dice "libertà, libertà".

lunedì 10 ottobre 2011

Il signore delle bici

è bello sapere che sia sempre lì, sempre con quel suo non-sorriso che è però accoglienza modulata, che gli occhi lo dicono che ti sta sorridendo.
Povera bici, mi guardava con aria sconsolata, chissà chi l'ha aggredita in quel buio sottoscala...La pulisco un pochino e la porto a spasso, gomme a terra, sella stracciata (topi o umidità di un'estate afosa?). Il cagnetto ci abbaia poi scodinzola. La pompa è un'altra, mi domando se la vecchia sia stata rubata.
E le gomme si riprendono ma manca una vite. La signora me ne regala quattro o cinque (che non si sa mai, se nè ho persa una in trent'anni magari potrebbe accadere ancora). Chiedo un coprisella. I tecnici guardano la signora sconsolati: "che sella"? Lei risponde che è lunga. "da corsa"? La signora si dispera "non è una bici da corsa". Allora il signore delle bici si volta e mi guarda, parte verso un cassetto e torna con l'oggetto giusto, perfetto. Lui lo sa già, lui associa volti a biciclette e non sbaglia mai. E mi sorride sornione mentre gli dico che mi hanno regalato una pompa ma che non va bene. Che lui immagina che mi piace passare e chiedere la pompa in prestito. Ma mi allunga il raccordo e la fascetta dicendo "per la tua bici ci vuole questo, mica è una macchina".

Parto, pedalo veloce e mi sento bene, il solito benessere sulla solita ciclabile, con i soliti pensieri positivi che produce il pedalare ascoltando Edith Piaf a tutto volume. Sole ma arietta frizzante, l'estate capricciosa lascerà spazio alle altre stagioni, suo malgrado.

Il pre-post, sognando monti assolati

Ultimi giorni in ripresa lenta, oggi il dì pre -rientro alla vita quotidiana.
La frase celebre ricorrente degli ultimi giorni "accozzata come una cozza". Lo abbiamo fatto, sapendo che sarebbe stato bello e pericoloso. E' stato bello e pericoloso, abbiamo rischiato. E abbiamo messo il naso fuori (prima il naso da Piggy per giretti piccoli che mi sentivo un cagnolino portato a passeggio, poi naso semi normomorfico...) per evitare che il cervello fondesse per la troppa clausura o per la troppa vicinanza.
I video erano belli, gli amici simpatici, il prato suburbano con la coperta a quadretti rilassante, il sole che scalda la pelle in un autunno anomalo un assaggio di una stagione prossima, il film una gran stupidaggine ma spunto per rileggere e rivedere le teorie psicanalitiche del novecento.

Stamattina ancora sole, dalla Cisa mi arriva il riepilogo dei giorni passati.
Sì, anch'io vorrei essere seduta lì con i piedi sul cruscotto, mi ricordo benissimo dove finisce quella strada.

E faccio le mie telefonate, riguardo cose del lavoro che domani ritorno e devo/voglio proseguire sulla strada del riordino, ho tanti progetti.
Che va bene così, lentezza e velocità, parole e silenzio, cose da fare, cose da sognare, senza sottolineare, senza aggiungere, sottraendo il superfluo, riducendo l'indispensabile, tenendo fermo l'obiettivo, pulendo le lenti e i filtri, non scordando il fondamentale, ridendo di noi, noi che siamo uno e che siamo due, noi che ci stiamo assestando a mollare la presa e a non perderci nel "troppo pieno".

Monti assolati che portano al mare, struggimento, struggimento.

venerdì 7 ottobre 2011

La chimica questa sconosciuta

Ultima settimana un incrocio di cose e situazioni, interne ed esterne, in attesa di un evento che mi metteva agitazione.
E ci si sono messi anche gli ormoni, i miei, e le cose che investono te e gli altri.
Non mi abituo ancora a fare i conti con la chimica del corpo, a riconoscere i segnali ormonali, ad ascoltare il sistema nervoso che urla per chiedere spazio di pace che gli serve quando viene investito da problemi e dolori.

Pace fatta con il fidanzato. Ho un po' alzato la voce, poco. Solo il tanto che serviva per svegliare l'uomo che conosco che si era fatto sostituire, senza accorgersene, da qualcun'altro, nel momento sbagliato.
Per un attimo ho interpretato il gap come differenza incolmabile di linguaggio, per un attimo ho perso fiducia e mi sono lasciata prendere dallo sconforto (che forse dipendeva più dal dolore e dall'antibiotico, dalla preoccupazione e dagli sbalzi ormonali). Ma lui si è ricordato prima di me dell'influenza nefasta della paura, ha mollato il braccio di ferro quando gli ho chiesto di farlo.

Intervento riuscito, cinque ore sotto i ferri, martello e trapano e quella strana sensazione che i ferri che senti entrare arrivino fino al cervello. Ogni tanto il mio angelo (infermiera deliziosa a cui vorrei dare il premio Nobel) mi appoggiava le mani sul volto, sulla mano, sul collo in una semplice carezza di incoraggiamento. La stessa sensazione di pace immediata che suscitano le mani di F. sulla mia pelle.
Misteriosa la chimica del contatto fra due persone, quel silenzio in cui ascolti la pelle e lasci che il messaggio arrivi senza usare le parole.

Il messaggio c'è, forte e chiaro. A volte le parole fanno più fatica ad esprimere, bisogna saperlo accettare. E sarebbe saggio fermarsi quando le parole stanno andando nella direzione sbagliata.

Peccato che sia uno strazio ridere (è la cosa più dolorosa del post operatorio) perchè la parte più dolce e come F. gestisce la mia faccia alterata, i miei connotati da Piggy, labbrone superiore esagerato e naso schiacciato all'insù.

lunedì 3 ottobre 2011

Definire l'amore? Significante e significato. La furia scatenata


E si innescano una serie di malintesi. Perchè già siamo un po' tutti portati a scivolare nell'aspettativa incontrollata...
E accade che uno esprima un esigenza, che spieghi che il suo modo di essere prevede certo condivisione e solidarietà ma anche, forse prima se proprio vogliamo essere perfettini nel nominare le cose, libertà di espressione e scelta, autonomia nella gestione della propria vita, rispetto e buone maniere.
Che poi non ci sarebbe un prima e un dopo.
Che le cose esistono e crescono una complementare all'altra, normalmente dando forza ed efficacia una all'altra.
Buone maniere, quelle che si usano per fare bella figura, nell'accezione più cretina.
Buone maniere sono quella cosa che ti fa ricordare che non ci sei solo tu, nonostante la tua fatica esistenziale, buone maniere è controllarti quel minimo che serve ad essere sempre gentile con chi ti è accanto.
Insomma, la vecchia storia...
Che pare mi perseguiti. Che lo so che sarà il karma che tenta ancora di insegnarmi la strada che faccio fatica ad imparare. Zuccona.
Insomma, com'è che mi imbatto in quelle cose che mal sopporto?
Non sono la poubelle di nessuno, non voglio che ci si prenda la "confidenza" di rovesciarmi addosso in modo disarticolato e scarsamente costruttivo i propri malumori. Ancor meno se la "scusa" per questo santo sacrificio (che non voglio fare, giuro, qualsiasi segnale equivoco si possa immaginare emetta) è qualcosa in cui non credo. Non credo che volersi bene (o dichiararlo, cosa assai differente) possa giustificare tutto. Non credo che la vicinanza sia rilassarsi a dire e fare ogni cosa perchè l'altro è obbligato a prendersi tutto di noi.
Certo, accade che le fragilità, le debolezze, le mancanze siano di tutti, nessuno si salva, accade che si sia tutti stupidi, un po' insensibili, un po' egocentrici, un po' scordinati...Fa parte del gioco.
Ma l'impegno ci deve essere, l'attenzione a rispettare le regole anche, l'ascolto e il rispetto della individualità altrui pure.
E allora, non mi interessa se sembro drastica o crudele, il braccio di ferro non mi interessa, men che meno su chi debba accudire chi, le dichiarazioni sterili neppure, le frasi ad effetto hanno un effetto devastante su di me, mi innervosiscono le definizioni per sè stesse figuriamoci se usano stereotipi di bassa lega.
Sarò poco romantica, lo sono sempre stata. Preferisco chiedere scusa se mi sono comportata male e tentare di ricostruire partendo dalla mia e dalla tua identità, dal mio e dal tuo dolore, dal mio e dal tuo desiderio di gioia e condivisione del bello da farsi insieme. Non mi interessa stabilire cosa sia "dovuto", compreso nel pacchetto. Non ho fatto un contratto.
No, non ci credo che l'amore giustifichi tutto. No non viene prima la dichiarazione di "sopra ogni cosa, qualsiasi cosa accada". Sì, l'amore è indispensabile per muovere ogni cosa, sì vorrei riuscire un giorno a non affrontare nulla con rabbia e dolore ma vorrei agire con amore in ogni circostanza. Ma non è l'amore "romantico" che annulla tutto il resto.

Insomma, la solita storia. Non voglio mi si ami come "idea", come portatrice di identità...(che poi sembro una gran presuntuosa, immagino).
Non mi frega nulla di essere la fidanzata se il titolo significa solo guai, oneri e doveri ma anche diritti che non ho alcun desiderio di esercitare.
Non voglio il ruolo, non voglio la fatica di dovermi giustificare se non parlo sempre di questa "epifania" come dell'unico interesse della mia vita presente e futura. Se proprio dovessi scegliere come vorrei essere definita (perchè il mio nome non è abbastanza? perchè si deve per forza mettere titoli alle persone con cui si passa del tempo? perchè l'amore, l'affetto necessitano delle classificazioni che spieghino? a chi dovremmo spiegare e perchè?)...

Se proprio, proprio...
Amante mi sembra più divertente. Soprattutto se non c'è nessun coniuge tradito. Participio presente (colei che ama).
Amata (colei che viene amata). Con ironia e dolce coraggio anticonvenzionale.
Compagna (cum panem- colei che condivide il pane)

Rimetto in ordine l'ordine.
Pace.
Libertà.
Amore.
E basta.