giovedì 29 luglio 2010

vrexi sti ftoxo gitonia'

Canzone rebetiki della mia infanzia...
Pioggerellina che pare annunciare la fine dell'estate. E ci aspetta un inizio agosto che tutti, quasi, sono in partenza e noi in piena lotta per orari terribili e discorsi a giustificare ancora peggio. Mi annuncia che mi porterà all'aeroporto, come se fosse un festa. "Che facciamo colazione insieme alle cinque".

Ho ricominciato a guardare gli annunci di lavoro. Il tempo e lo spazio sono rarefatti. Sandwich e pasta al pesto, birra alle 23 domani che sono mesi che cerchiamo di farlo. Mr C alle prese con i dolori e gli anti-dolorifici. I motociclisti in versione morbida sono anche meglio.
Vabbè, avanti, navighiamo tutti a vista in fondo.

lunedì 26 luglio 2010

Scivoloni e pensieri vari

Il party non era male, il gruppo era vario e simpatico, l'atmosfera buona. Una serata abbastanza fresca e gruppetto allegro, quello che serve ad una bella riuscita. Il quartetto di archi ha suonato in giardino con alle spalle la vetrata della vasca dietro la quale si vedevano braccia che nuotavano e cuffie variopinte. Si stava bene. C'era anche lui, a sorpresa, dopo un anno. L'ho salutato e ho evitato accuratamente quel suo sorriso appiccicato che mi rincorreva per il prato.
Poi è arrivato Mr C e sembrava tutto bene. Poi, l'uomo alto ha esagerato. E io, che, giustamente diffidente, ero stata alla larga tutta sera, ho cercato di parlargli. Un errore, forse. Ho avuto un attacco di "difendi chi ami e cerca di arginare chi invece disturba l'armonia". E' assolutamente perso in un loop di assurda follia. La discussione ha avuto un unico risultato: farmi innervosire e molto.

E la serata si è poi trasferita in una nottata che mi ricorderò, come quella volta che poi non mi ricordo più che cavolo ho detto e fatto.
Un tal Maurizio mi ha fatto compagnia fino alle ore piccole, chissà cosa ci siamo detti...

Nel frattempo l'amica mi chiama per aggiornamenti sul progetto bambino. Non so bene, l'effetto mi ha stupito, sono preoccupata per lei. Che non sono sicura che sia giusto o buono accanirsi così per diventare genitore. O forse non ho elementi utili per capire se la loro coppia sia adatta. Non so, mi sono ritrovata a pensare che non si possa "comprare" un figlio al supermercato...E cosa vuole dire "si sta cercando la persona più geneticamente simile"???

Paradossi continui.

mercoledì 21 luglio 2010

Un rapper al citofono

In piena iper attività pulizia domestica, sudata come non mai cerco di recuperare giorni e giorni di abbandono casetta. Suona il citofono:
"sonoincaricatodellapubblicitàdellapizzapuoiaprirelaportaperfavoregraziescusitanto"

Il tutto in un unico respiro, durata al massimo otto secondi, con una certa melodia e leggero accento africano, gentile e allegro.
Sorrido e gli apro, gli posso solo dire "prego, buona giornata".
Vorrei vedere la sua faccia.

Penso che avrebbe una carriera perfetta come rapper pubblicitario.
Che poi mi viene allegria improvvisa, senza grandi motivi, che è l'allegria migliore.

lunedì 12 luglio 2010

Moussaka con ospite

Il messaggio arriva inatteso, si improvvisa e si contratta con la ragazzina. Quanto insisti per il cinese? Risponde sincera e noi anche. E la maggioranza vince perchè anche i piccoli amano la buona comunicazione. Si decide, e la piccola è d'accordo, che si mangia greco. Anche stasera, a sorpresa, l'arietta c'è e si sta bene.
La ragazzina è molto simpatica e ci facciamo grasse risate.
Assaggia tutto e la guardo con passione vedendo quanto sia figlia di sua madre, che tanti dodicenni sono assai più storditi. Lei c'è. Anche se mi/ci rompe le scatole con assurdi motivetti orribili e con 'sto cellulare onnipresente.
E ci stupisce con effetti speciali...
Forchetta nel moussaka, annuncia "credo ci sia un capello". Lascia la forchetta e usa le dita. "Guarda, non è un capello. E' un insetto". Lo guardo penzolante dalle sue dita che non mollano la presa. E' morto. Lo prendo e lo getto per terra, vicino al vaso. Chiamiamo la ragazza e le diciamo, sottovoce, di cambiarci il piatto che c'era un animalino. E, serene come non mai, ci mangiamo il nuovo mussaka e tutto il resto. E mi diverte quella cosa che mi piace tanto, sempre...
Anime simili hanno reazioni simili e quando l'armonia è così totale si creano piacevoli momenti. Complimenti alla piccola che non ha fatto una piega e che ride quando la madre mi delega ufficialmente a farle "quelle prediche". Programmiamo serata sole, senza la mamma e che allegria sia!

Oggi ho rischiato un guaio che più grande non si può: fatto volare in terra il nuovissimo pc portatile del job. Schianto incredibile e la voce del direttore "Ti sei fatta male?". Io no, lui neppure, meno male.

domenica 11 luglio 2010

Baku, dejavu

Che mi capita di avere bisogno di distrarmi da un po' di macigni che appesantiscono la mente. Niente. Non si sblocca, niente si sblocca. Mi dico che starei anche bene. In realtà mi sento bene, io. E faccio un paio di telefonate, che invece la direzione inversa è silenzio assoluto. E mi dispiace ma non so proprio come fare o cosa fare per le persone che stanno male e che non chiamano e se chiamo io non accettano pensieri positivi o quasi. O forse saprò cosa dire o fare in un altro momento.

E allora galleggio nella mia solitudine che un po' mi pesa ma che non mi terrorizza e aspetto che i guai degli altri li liberino un po'. E me ne sto tranquilla progettando piccole cose buone. E mi sento meglio con un po' di ferro che sta riequilibrando la mia energia che mio malgrado pare dipenda anche dalla chimica del corpo. E gioco con la fantasia. E mi faccio il rewind delle persone che ho accolto nella città afosa questa mattina. Che il mio lavoro ha le sue graziosità...Famiglie che arrivano da tutto il mondo con i loro sorrisi e i loro sguardi così diversi e affascinanti.

La famiglia numero 2 di oggi, padre baffuto, moglie con occhi dal taglio originale e pelle di un colore bellissimo, ragazzino e bimbetta simpatica. Passaporti turchi, nascita a Baku. Dove cavolo sarà Baku? Non mi sembra Turchia, penso. E la faccia della signora mi diceva qualcos'altro. E scopro che non sapevo esattamente dove fosse l'Azerbaigian. Che è in un angolo del mondo "terribile", incastrato fra Iran, Armenia e Turchia ma vicino alla Russia che era uno stato sovietico ed è repubblica presidenziale dal 1991 e membro dell'Onu dal 1992. Baku è il più grande porto del mar Caspio. Ci sono fotografie strepitose dei panorami della città.

Chissà che ci faranno a Bologna? Chissà se un giorno, di questa o della prossima vita, vedrò un tramonto passeggiando sul lungomare (o lungolago?) di Baku?

Non so, non riesco a fare ameno di resistere alle pozze di infelicità...

venerdì 2 luglio 2010

Frammenti di storie contadine

Racconti di un'epoca lontana ma non solo nel tempo. Eppure i protagonisti sono ancora quì per raccontare. Sono appoggiata al lavello della cucina e ascolto con passione. Della madre che abbandona il suo neonato per andare ad allattare il figlio dei ricchi in città, del maiale che si era riusciti a nascondere nel bosco ed a salvare dai Tedeschi e che il giorno seguente è stato centrato in pieno da una bomba, della carne che, oltre il danno la beffa, era talmente dura e saporita di piombo da essere non mangiabile. Mi raccontano queste cose con lo sguardo che dice che le sentono vicine come fossero ieri. Il vecchio è ancora furioso per la madre che lo aveva parcheggiato peggio di un polletto nell'aia...E racconta di quanto piangesse da bambino passando vicino ai casolari da cui proveniva profumo di cibo. Le lacrime della fame, della miseria. La signora invece ha un'immagine diversa della sua infanzia in mezzo ai monti. Si ricorda di quando le diedero il primo coniglio che doveva accudire (quattro anni), di come, poi, le era concesso andare al mercato a vendere i suoi conigli per comprarsi l'unico paio di scarpe o l'unica "sottanina" che portava inverno ed estate. Mi raccontano della casa che si chiamava, e si chiama, "fermati lì" perchè la frana non l'aveva investita. Dell'andare a "fare veglia" che significa camminare per 2 km fino alla casa più vicina per giocare a carte nella stalla, del fattore e del dottore. Il dottore è il proprietario terriero e il fattore è il "caporale", il tirapiedi del dottore. E si ricorda che "Gigietto" era il dottore, però era buono, che quando i bombardamenti hanno distrutto tutto, case, campi, bestie, ha accolto i suoi contadini e le loro famiglie in casa sua per un paio di mesi. Di come, dopo la guerra, gli uomini sono scesi in città a lavorare alla ricostruzione, alla ferrovia etc. Qualcuno, quelli bravi a "fare gli interessi", sono poi tornati sui monti e ai campi a riprendere la vita di prima. Un nonno aveva trovato un violino di un Tedesco in fuga e ha imparato a suonarlo, così, da solo. Era lo stesso capace di "fare gli interessi". Il nipote dice che raccontava storie fantastiche e che aveva un sorriso strepitoso.

Così, la memoria raccontata dal vivo è così commovente.