domenica 11 luglio 2010

Baku, dejavu

Che mi capita di avere bisogno di distrarmi da un po' di macigni che appesantiscono la mente. Niente. Non si sblocca, niente si sblocca. Mi dico che starei anche bene. In realtà mi sento bene, io. E faccio un paio di telefonate, che invece la direzione inversa è silenzio assoluto. E mi dispiace ma non so proprio come fare o cosa fare per le persone che stanno male e che non chiamano e se chiamo io non accettano pensieri positivi o quasi. O forse saprò cosa dire o fare in un altro momento.

E allora galleggio nella mia solitudine che un po' mi pesa ma che non mi terrorizza e aspetto che i guai degli altri li liberino un po'. E me ne sto tranquilla progettando piccole cose buone. E mi sento meglio con un po' di ferro che sta riequilibrando la mia energia che mio malgrado pare dipenda anche dalla chimica del corpo. E gioco con la fantasia. E mi faccio il rewind delle persone che ho accolto nella città afosa questa mattina. Che il mio lavoro ha le sue graziosità...Famiglie che arrivano da tutto il mondo con i loro sorrisi e i loro sguardi così diversi e affascinanti.

La famiglia numero 2 di oggi, padre baffuto, moglie con occhi dal taglio originale e pelle di un colore bellissimo, ragazzino e bimbetta simpatica. Passaporti turchi, nascita a Baku. Dove cavolo sarà Baku? Non mi sembra Turchia, penso. E la faccia della signora mi diceva qualcos'altro. E scopro che non sapevo esattamente dove fosse l'Azerbaigian. Che è in un angolo del mondo "terribile", incastrato fra Iran, Armenia e Turchia ma vicino alla Russia che era uno stato sovietico ed è repubblica presidenziale dal 1991 e membro dell'Onu dal 1992. Baku è il più grande porto del mar Caspio. Ci sono fotografie strepitose dei panorami della città.

Chissà che ci faranno a Bologna? Chissà se un giorno, di questa o della prossima vita, vedrò un tramonto passeggiando sul lungomare (o lungolago?) di Baku?

Non so, non riesco a fare ameno di resistere alle pozze di infelicità...

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