domenica 22 settembre 2013

I ragazzi crescono

Serata fuori città con gruppo di amici dei miei amici. La serata è una piccola festa di fine estate con concerto di chitarra. Tutti allegri e affettuosi. Ci sono i fratelli del mio amico che non vedevo da molti anni, i figli che sono cresciuti, un tizio di cui mi ricordo solo il nome.
Lo chiamano quando arriva e gli indicano che ci sono anch'io. Corre da me, mi abbraccia forte. Ricambio con imbarazzo per quasi tutta la serata questi abbracci, stringo mani a destra e manca, mi congratulo con i genitori per i loro figli. Ascolto queste frasi gioiose che festeggiano il fatto che ci siamo incontrati dopo trent'anni.

Gli chiedo quale motorino avesse, un ciao. Non mi dice niente.

Il fatto è che io proprio non me lo ricordo quel tipo!
Cerco una corrispondenza fra questo cinquantenne e una vaga immagine di un ragazzino di quattordici anni e non trovo nulla di nulla.
Recito un pochino, male non farà. Lui si ricorda bene di me, io per niente di lui.

Altra cosa è parlare con i figli dei miei amici, erano dei bambini che tenevo in braccio, ora sono giovani adulti che mi parlano della loro vita.

martedì 4 giugno 2013

Genitori e figli

I miei genitori si amavano. Molto. Non si capivano e non si conoscevano.
Erano, sono, molto diversi.

Sono entrambi menti veloci e dalla sensibilità profonda ed elastica.
Conoscono molte cose e molte culture.
Sono allegri e divertenti, in maniera molto diversa.

Mio padre più rigido e compassato. Mia madre in modo disordinato e fantasioso.

Hanno lottato per anni.

Con le rispettive famiglie.
Fra di loro per le rispettive famiglie.

Per la loro, la nostra famiglia.

Per sopravvivere, per riuscire ad ambientarsi nelle varie città e nei vari ambienti.
Fra di loro, credendo che il problema fosse la mancanza di impegno dell’altro.

Per noi figlie. Per la nostra educazione, per la nostra libertà e per il nostro futuro.

Per svincolarsi l’uno dall’altro.
Per districarsi dal dolore e dai vizi dell’altro.

Si sono fatti del male.
Tanto.

Lo hanno fatto a noi.
Tanto.

Sono crollati, prima l’uno, poi l’altro. Si sono ripresi. Insieme.

Sono crollati ancora. Ognuno per la sua strada.

Hanno perso il controllo.  Sono fuggiti.
Lontano da noi. Anche.
Se ne sono lavati le mani.

Prima l’uno. Poi l’altro.
Poi entrambi.

Hanno detto frasi terribili. Hanno fatto azioni terribili.

Hanno mistificato e strumentalizzato gli avvenimenti.
Hanno lottato con noi. 
Terribili. Entrambi.
Hanno provato a rimediare.

Sono diventati nonni. Non erano pronti.
Ci hanno provato.

Non sono mai stati buoni genitori, sono dei nonni come possono.
Male.





La prima ingiustizia

Ho scoperto l’ingiustizia in prima media...

Scrivo un tema sul rientro di Ulisse ad Itaca. Scelgo l’incontro con Argo, il cane che lo riconosce, la commozione del loro incontro dopo anni di assenza del padrone. Sono felice del tema e lo svolgo con passione. Lo consegno fiera del risultato.


A pranzo comunico a mia madre di aver fatto uno splendido tema.

Un paio di giorni dopo, in classe, l’insegnante, Donna Alotto, moglie del preside, austera donna che mi ha insegnato le basi della grammatica e mi ha regalato l’amore per la cultura, comunica i risultati del compito.

Aspetto il mio turno emozionata. Rimaniamo, ultime, la mia vicina di casa e amica ed io.
Silenzio inspiegabile poi ci ordina di alzarci in piedi. Tutti ci guardano sorpresi, è una modalità nuova.

il mio nome, quasi urlato: due.
il nome della mia compagna: due.

Sconvolta chiedo perché e mi viene risposto di non essere arrogante, l’arroganza è peccato mortale. Insisto, tremante.” Vergognati”, è la risposta. Ormai in lacrime, di rabbia, non demordo.

L’accusa è di aver copiato. Per entrambe. Insisto, è farina del mio sacco.
Anna ha copiato da un libro che aveva in casa, lo so.

Ma non mi riguarda. Non ho dubbi in proposito. Alla fine mi alza il voto ad un insulso cinque e mi insulta dicendo che mi resterà sulla coscienza avere avuto un voto più alto della mia amica per via delle proteste che ho osato fare.

Non ho paura, le chiedo copia del tema da portare a mia madre. Sono decisa. Lo faccio.
Il tema finisce in presidenza, ricordo i tacchi di mia madre lungo il corridoio.
Il due poi cinque diventa un nove. Con le scuse del preside.

Da quel momento Donna Alotto mi controllerà a vista. Senza sorrisi e senza chiarimenti.

All’esame di terza media sarò l’unica che dovrà portare a memoria stralci della Divina Commedia. Pagine e pagine. Tanto Dante mi è sempre piaciuto, tanto.

Racconto di un sogno antico

Ti picchio così forte che ti mando in ospedale.


Scende nello scantinato dell’albergo dove lavora a cercarla, non è sicura sia scesa lì. Sente intanto la voce del suo capo che entra dall’ingresso al piano di sopra e chiede di lei.

Intontita, indecisa, entra nel guardaroba e la vede seduta in terra a gambe incrociate, con un lenzuolo sulla testa. I piedi nudi, quei suoi piedi grossi e callosi, pieni di botte e segni buttati in fondo alle gambe sottili senza tonicità. Gli occhi sono tondi e finto innocente, stupiti e spalancati in modo innaturale, recitano e allo stesso tempo sono quegli occhi da bambina capricciosa e fragile che da troppi anni sopporta. E la guardano con finta innocenza, con aria che simula l’indifferenza. Il collo è piegato, le spalle curve, ossute con quella canottiera molle e il pantalone troppo largo. Ha qualcosa in mano, una candela? Cerca di dissimulare. Non dovrebbe stare lì, si è intrufolata non si sa bene perché. La guarda senza parlare, lo vede dal suo sguardo che le solite giustificazioni non servono, non oggi. La vede fragile e violenta, quella schifosa abitudine di sbatterle in faccia il suo male di vivere e la sua insistenza nel essere la sofferente che non rispetta niente e nessuno. Che non accetta il suo ruolo, che si insinua nella vita dei suoi figli obbligandoli ad essere tolleranti con il suo modo di vivere, a vivere in continua apprensione e senso di colpa. Entra e si ferma un istante. Intorno ci sono le attrezzature dell’albergo. Il silenzio è terribile. Sopra si sentono le voci della sua vita lavorativa, del suo tentativo di integrarsi nella vita comune, ordinaria. Dove gli altri lavorano come lei e tentano come lei di trovare la loro strada. Dove lei cerca di essere normale, affidabile, brava e meritevole di stima e fiducia.

Lo sguardo fiacco e debole ha quell’aria di sfida reso duro da anni di lotta senza vincitori e vinti. Dove tutti soffrono e tutti si fanno del male a vicenda.

Si avvicina. La guarda fisso sperando che cambi espressione, per una volta, che decida di cambiare atteggiamento, che si rivolga a lei in modo diverso, quello che aspetta da sempre. Non lo fa.

E vede improvvisamente rosso, sente l’inutilità dei suoi sforzi, la stanchezza di risorgere ogni volta dalle sue ceneri. E, senza saperlo, senza capirlo, in un attimo è china su di lei che le urla “ti picchio così forte, così forte che ti mando in ospedale”. E le mette le mani sulla testa e inizia a picchiare duro, forte e disperato, senza fermarsi. Più sente il contrasto fra la fragilità delle sue ossa e la pienezza piena dei suoi muscoli, più si accanisce nel lasciare cadere le sue mani con forza su quel corpo che, ora anziano e debole, con il fatto di esistere le da così fastidio. Picchia forte immaginando di poterlo dissolvere, di poter spegnere quello sguardo bisognoso che non sopporta più, sperando di poter finalmente cambiare le cose una volta per tutte, per poter cancellare quella preoccupazione per il benessere di una madre che in tanti anni le ha fatto tenere il fiato sospeso, la vita sospesa, il cuore lacerato.

Ti picchio così forte che magari riesco a farti sparire.

A dimenticare che tu esista, a smettere di cercare il modo di convivere con te e il tuo fantasma di donna, a smetterla di cercare un equilibrio fra la mia paura che ti succeda qualcosa di male e il mio amore che non so come gestire e il tuo disamore che mi fa ancora tanto male anche se non vorrei.

Ti picchio tanto forte che la mia vita, questa che non sopporto più, che non so come aggiustare e curare, sparirà in un istante perché niente potrà essere come prima dopo che ti avrò picchiata. Perché tu sarai morta. O tu sarai distrutta e malata. E io sarò pazza e non avrò più paura di impazzire. E io perderò il lavoro e la mia vita normale prima che sia tu a distruggerla. E io dovrò scappare e lasciare tutto, anche la mia speranza di avere qualcosa di felice e rassicurante, anche il mio sforzo per essere serena e libera e positiva e buona ed efficiente. Perché ti avrò picchiata così forte che non ci sarà possibilità di fare finta di niente, perché perderò tutto, questo tutto di cui non posso fare niente e che mi fa sentire inadeguata. E sarò finalmente libera, libera da te e da tutti quelli che hanno bisogno di me, di quell’immagine di me sobria e gentile e allegra che riesce a sopportare tutto senza impazzire. Ti avrò picchiato tanto forte che per la vita che mi resta non avrò più rabbia da sfogare o timore di sbagliare, che non potrò avere speranza di essere innocente. Finalmente sarò libera di non essere quella che ragiona, quella che ascolta, quella che non fa stupidaggini, quella che si sforza di comportarsi bene. Sarò finalmente un’altra persona e potrò ricominciare dalla fine della mia vita piena di rancore e impotenza. Perché è l’impotenza che crea il mostro della solitudine, l’orco del moralismo, la paura dei propri passi e dei propri pensieri. Perché se tu ci sei io sono sempre legata a te. Perché tu sarai sempre diversa e inadeguata al mio sogno di pace e amore, perché tu mi farai sempre da specchio, specchio della comunicazione come sembra e non è, dell’amore come finge di essere e non è, dell’intelligenza che parla, parla, sentenzia e distrugge, umilia, tortura, affligge.



Ma io non lo decido, non lo analizzo, non cerco di essere fedele a me stessa.

Ti picchio forte, fortissimo e ti lascio lì. E me ne vado a dimenticare me stessa e te, soprattutto te.
















































































sabato 4 maggio 2013

W La B........e la sua bicicletta

Dixit la mia vicina di casa ottantenne quando mi vide in cortile.
Ora l'ho lavata e parcheggiata all'aria con doppio catenaccio. La bicicletta, non la vecchietta.
Mi hanno detto in tre di stare attenta...

Comprato due vasi nuovi dal ferramenta con l 'uomo più bello di Bologna. Il proprietario intendo.
Sconto di venti centesimi per le belle donne, dixit. Garbato piacione...

Alla ricerca dello zenzero perduto alle venti e trenta. Dopo qualche "mi spiace, non lo mangiano da queste parti", un Umarell mi grida "di fronte, il Filippino lo ha per forza". Vero. Prendo anche il succo di guava e quello di cocco.

La spesa e il trasporto forzato delle vettovaglie mi stanca, perchè sono già stanca, uscita di casa 14 ore prima, butto tutto in frigorifero e richiudo la porta.

In casa sua Sushi con wasabi super forte e Soave classico.

Peccato che abbia seri problemi con quella casa.
Mi mette di cattivo umore.
Non so come risolvere, mi deprime, mi irrita.

Lui si dispiace mentre io mi chiedo dove stiamo andando.
La risposta per ora non mi piace.

sabato 13 aprile 2013

Donne, tante

Non avevo esattamente voglia della serata, temevo fosse un po' caotica...
Ma sono sempre felice di vedere le mie ragazzacce...

Al mio arrivo erano tutte sulle scale, ho pensato "cavolo, sono tante, tutte".

E tenerezza mi coglie a ripensare a quanti anni, a quante cose belle e brutte.
Le cinghialesse...
E le altre.
Quanta acqua sotto i ponti.
E matrimoni e gravidanze e biberon...
E birre e bottiglie di vino...
E ironia come se piovesse che avvolge tutto anche se non sempre i momenti sono buoni.
Rimane la voglia che appartiene a tutte di esserci, di ballare, di scherzare.

Una di fronte all'altra:
Pizza con di tutto, compreso uovo e speck.
Insalatona "anti age".

Manca lo yogurt e viene sostituito con pollo alla griglia.

Finiamo in un pub "tranquillo"...
Sembrava di essere in un locale del Bronx...casino all'inverosimile dentro ( compresa la puzza di fritto e di mille sigarette) e, sopra la nostra testa, il treno che sferraglia violento facendo tremare tutto.

Manco sapevo esistesse un luogo simile nella nostra cittá.

martedì 9 aprile 2013

La farmacista

Entro a prendere un paio di cose con ricetta. Le chiedo anche di verificare insieme di cosa si tratti, le chiedo i vari prezzi. Questa cosa la faccio sempre in farmacia e trovo  persone molto disponibili, quasi fossero contente di mettere alla luce del sole il fatto che non ci sono leggi insormontabili in farmacia, che anche i farmaci sono prodotti da valutare e scegliere. Mi prendo quasi i complimenti per questo atteggiamento "consapevole" che altrove non viene visto di buon occhio. E mi trovano sempre la cosa più conveniente.
Poi vedo un mascara di una marca svizzera che sapevo facesse solo cose per le unghie e mi ispiro. Le chiedo di vedere il pennello che mi mostra chiamandolo "storto". Poi ride e corregge con "ricurvo". Ridiamo.
E mi ritrovo a ridere di gusto con lei e sento che la tensione si allenta. E penso che questa donna mi piace, mi piace molto. Tanto che quasi mi stupisco di questo sentimento inconsueto.
Le chiedo un paio di altre cose, meno male che non ci sono, avrei speso un capitale.
Siamo al conto quando mi chiede dove sia la mia dottoressa e se sia brava. Le dico che sì, lo è ed è pure molto simpatica e competente, una che ti parla e con cui si parla.
Le racconto e mi chiede il nome. Ridiamo di nuovo quando mi dice "mi ricorderò la trippa".

La saluto ed esco con i miei sacchettini vari. Se si potesse la inviterei a bere un americano con me.

Non so, credo di avere voglia e bisogno di persone nuove intorno a me.
Di parole e ironia, di roba nuova...

lunedì 8 aprile 2013

Viaggetti e progetti

La mia nipote più piccola ha deciso, con la sfrontatezza dei suoi vent'anni, di partire e tentare la sorte altrove. È tornata una settimana fa e tra tre giorni riparte. Ha salutato, si è venuta a prendere il mio abbraccio e si prepara a viaggiare, a cercare casa, a fare un test per un lavoro che le daranno, pare.

Ha deciso di lasciare la casa materna, di cercare la sua strada un pochino più a sud.
Mi rende speranzosa, felice per lei. E un pochino invidiosa.

Sono giorni che sento insofferenza cogliermi, a volte sfocia in intolleranza.
E li capisco i giovani che non sopportano tutti questi vecchi zombie che si lamentano senza protestare, che vedono problemi senza cercare soluzioni, che ripetono le parole vuote della televisione senza immaginare e fantasticare, senza sognare rivoluzioni o resurrezioni...

L'aria è pesante, la primavera stenta ad arrivare, la rassegnazione sembra essere ovunque.
Nessuno ha tempo e tutti si annoiano.
Le cose non vanno ma guai a provare chiarimenti o strategie.

Come disse poc'anzi la mia DOC: la situazione non è delle migliori ma non significa che non si possa fare nulla.

In bocca al lupo nipotuzza, presto ti vengo a trovare. Promesso

domenica 17 marzo 2013

La schiena parla

più che parlare, urla...

Ci sono cose che mi stanno stancando, ci sono cose che non riesco a risolvere mentre la fatica prende ogni spazio.
L'altro giorno mi sono ritrovata a dire che ho bisogno di fermarmi e che dovrei farlo prima che il mio corpo faccia qualche mossa di ribellione.
La schiena ha fatto quella mossa senza chiedere il mio permesso.

Dolore!

Ecco, ora tocca a me, la pausa deve essere usata.

Oggi sono due anni dalla morte di Claudio, chissà cosa vede da lassù, chissà se le persone che ci lasciano sono completamente separate da tutto.

Non è facile comunque capire quale sia la realtà vera...

Mi serve della calma, non mi sarà regalata, la dovrò cercare e agevolare.



mercoledì 13 marzo 2013

Dalla Svizzera cercando occasioni

Telefonata da cellulare svizzero. Rispondo perplessa.
Alla fine sono contenta di avere offerto la casetta dei puffi.

La storia delle persone in tempo di crisi...
Mi ritrovo a stringere la sua mano dicendo che pregherò per lui, perché trovi questo Benedetto  lavoro, non importa se sarà a migliaia di chilometri da casa, dal mare, dal sole della Grecia.

La cenetta esce carina, la mia metà si scopre in grado di sostenere conversazione veloce in inglese e i due si trattano con gentilezza e simpatia.

Lo lascio sotto casa con le chiavi e penso a quando giocavamo a secchiate di acqua in casa sua da bambini, alle scorribande in moto sulla spiaggia da ragazzi, ai suoi bambini...

In tutto sono tre ore insieme ma l'affetto se ne frega.

domenica 10 marzo 2013

Silver linings playbook

Tutte le nuvole nascondono un raggio di sole...

Oggi non lo vedo, vedo le nuvole, nere, minacciose, gonfie...

Non so più come disegnare le sfuggenti nuvolette con le strisce argentate.

Certe frasi non mi sono mai piaciute, neppure alcune che dico io...

Faccio un appello: per favore, queste benedette persone per bene che dicono tanto di amarmi, che mi amino di meno e si concentrino meglio a scoprire che cavolo significhi.
Che magari mi servirebbe essere lasciata libera
Che magari un pensiero positivo  potrebbe regalare sorprese
Che magari se solo volessi smettere di fare richieste che non posso soddisfare...

Che mi vengono in mente altri proverbi:
Meglio soli che male accompagnati
Chi fa da sé fa per tre
Aiutati che Dio ti aiuta
Prega Allah ma intanto lega il cammello

mi tocca liberare la mia micro casa per ospitare un semi elvetico in discesa dalla montagna...

Temporale in arrivo.
Nel mio cuore torrido silenzio


martedì 5 febbraio 2013

Un passo indietro, due passi avanti

Rimango in casa da sola, rinuncio alla cena con la mia nuova famiglia.
I ragazzi non me ne vorranno...mi sembra buono e giusto che abbiano serate soli con il loro papà.

Devo cercare dei documenti che non vedo da dieci anni, devo rispondere ad un ufficio che mi chiede dei soldi che quasi non mi ricordavo neppure. Ai tempi avevo tentato di sanare la cosa ma la risposta era stata definitiva "deve solo aspettare che la contattino loro".
Grazie mille!

Non ho ancora trovato ma ho aperto tanti cassetti...e ho trovato tante cose, tante cose che hanno bisogno di essere sistemate, catalogate, gestite, curate.
Tanta carta, tante tracce di anni di lavoro e cose scritte, messaggi di persone amiche che non vedo quasi più, segni di avventure e problemini e problemoni.

Ho fatto una pausa e ho preparato una bozza per il nuovo curriculum.
Sono veramente stanca di starmene ad aspettare che la spada di Damocle mi si sfracelli in testa...

Non so cosa e come farò.
Non riesco più a gestire questo senso di passività, forse ho semplicemente capito che le cose vanno accettate ma non per forza subite.
Odio subire, faccio anche fatica ad aspettare anche se mi dico che devo imparare ad avere pazienza, a non farmi prendere dall'ansia. Subire passivamente proprio non mi si addice.

E allora faccio un passo indietro, qualche passetto indietro per prendere la rincorsa ed andare avanti.

Il mio vecchio pc risponde bene (non è poi così geloso dell'ipad) e la serata solitaria mi mancava.
Non so ancora cosa farò, non so bene come mi posso muovere, cosa sia meglio fare.
Ma oggi ho capito che devo lasciare scivolare via questa parentesi e prepararmi per un nuovo lavoro, una nuova vita, una nuova possibilità.

E' stressante ma s'ha da fà!

giovedì 3 gennaio 2013

2013

Numero strano, non mi abituo.

Propositi per l'anno nuovo:
- non avere paura
- ridere tanto e sorridere degli intoppi passando oltre
- recuperare tutto quello che è finito sotto il letto
- affrontare la lotta con i carboidrati
- recuperare la memoria perduta (addormentata)
- snobbare i problemi e cercare le soluzioni
- PERDONARE
- rimanere collegata e ricaricare le batterie ogni volta (prima che si scarichino del tutto)
- una mostra tanto per gradire
- un viaggetto tanto per respirare
- ricordarsi che tutto passa
- non dimenticarsi che SEMPRE qualcosa si può fare
- circondarsi di persone positive
- non nascondersi se non strettamente necessario
- dire di no con serenità, dire di sì con entusiasmo
- BALLARE
- imparare almeno dieci cose che non sapevo fare
- leggere e scrivere  e disegnare e cantare
- camminare e nuotare
- abbandonare dieci cattive abitudini
- AMARE
- gettare ogni settimana un sacchettino di vestiti inutili
- non trascurare i vecchietti
- pitturare le unghie almeno  una volta al mese
- SOGNARE
-vagabondare liberamente
- ricordarsi SEMPRE che la libertà è la tua compagna preferita
- portare pazienza per i limiti degli altri
- non preoccuparsi "passivamente"
- fare il punto della situazione spesso
- prendersi sul serio
- esercitare la leggerezza
- scacciare il pessimismo
- ABBRACCIARE
- cercare il nuovo
- accogliere il diverso
- trovare sempre dove impegnarsi
- CURARE LA PAROLA
- ascoltare le persone che ami
- osservare, riflettere, esprimere
- ascoltare musica, leggere poesia
- cercare la natura ed il cielo
- trovare una casa con una finestra ENORME
- finire la scorta in dispensa e ricominciare
- mare, mare, mare!
- Lisbona, Madrid, Turchia, Grecia, Sicilia
- non scordare mai chi siano i tuoi alleati
- AVERE FIDUCIA
- sperare e prendersi in giro
....................mollare la presa e fregarsene spesso
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