lunedì 8 settembre 2008

Della leggerezza difficile

Non mi muovo, ascolto, ricevo visite e telefonate.
E sms.

Mr C tenta la via della presunta leggerezza.
Un invito così, per un aperitivo, come se fosse facile e liscio.
Non lo è. Non mi pare tale. Di fatto non nè ho voglia.
Non ha proprio nulla di facile. Rispondo, vaga.

La mamma viene a pranzo, cucino per lei appena dopo aver lavato tutti i piatti di ieri sera. Ascolto tutte le solite parole, i soliti problemi irrisolvibili.
Perchè non lo possiamo fare noi, tocca a qualc'un altro.

La nipotina mi trova on line e lancia appello.
"Zia ho bisogno del tuo aiuto, sono triste e non so cosa fare".
La chiamo, se tanto le decisioni sono già prese (e già non-prese) a cosa serve?
Ci vediamo domani per apprestare strategia.

Esco per prendere un certificato e per il mio appuntamento terapeutico.
Il sorriso dell'uomo bello è rilassante, pare essere possibile tutto.
Mentre si prodiga ad allungare la mia schiena e le mie gambe,
sussurra con la voce più bella che abbia mai sentito che
"trattengo troppo la rabbia". Ho gli occhi chiusi, non li apro.

Rientro camminando lentamente, molto lentamente.

La sua telefonata mi racconta di una giornata difficile, sento il suo respiro affaticato e, in sottofondo, la voce del bambino.
Dice che mi richiamerà più tardi. Non riesce a ridere, oggi.

Comunico con il collega, non rientro, mi fa gli auguri.

Quattro piani di scale, il ginocchio è bollente.
Chiudo la porta di casa e mi rilasso nel silenzio.
Ringrazio per lo spazio a mia disposizione.

Domani? Staremo un po' meglio ragazzi, vero?
Ci saranno piccoli spiragli di allegria?

Nessun commento: