sabato 28 novembre 2009

Tabù

La morte esiste, lo sanno tutti. Non si riesce a parlarne con serenità. Ho passato la notte a cercare di scacciare pensieri angosciosi. Non ci sono riuscita. Devo preparare una valigia e decidermi a volare via decisa alla ricerca di un po' di pace. Confidando nel fatto che mi servirà poter perdermi con lo sguardo nella natura, nell'immensità del mare e del cielo. Non ho dubbi che sia giusto, dove giusto è sinonimo di utile e buono, ritagliarmi qualche giorno di luce e sole.
Tabù della società, della parola. Qualcuno mi ha detto di stare attenta alle differenze. Io vorrei sapere, vorrei affrontare guardando in faccia la verità. Non so gestire l'ennesimo "facciamo finta di niente". La solita, terribile idealista. Mi rode la mistificazione imperante, mi rode l'atteggiamento di falsificazione continua, mi rode l'abitudine all'impotenza ignara. So di non poter, di non dover sostituirmi a chi nella situazione c'è, maledettamente ingabbiato.
Devo fare chiarezza e trovare la mia strada.
Mi vengono in mente le parole delle meditazioni che ho imparato.
Via la spazzatura dalla mente.
Come ti senti? Incazzata, triste, addolorata.
Faccio fatica a rassegnarmi. Scuotendo i riccioli, mi fissa con un mezzo sorriso dolce e mi dice che non è strano che faccia fatica ad accettare la morte di persone giovani quando ho tre nonni sopra gli ottant'anni, quando una delle poche conquiste della modernità è la longevità. A che santo appellarsi?
Al solito, quello della consapevolezza e della calma, quello che dice che il senso c'è nonostante tutto.
Accettare il dolore. Accettare la debolezza (anche la mia). Trovare l'equilibrio possibile sfrondando il superfluo. Gestire la paura (anche la mia).

E non importa se i linguaggi e i topic altrui sono altri. Fa parte delle scorie inutili preoccuparsi del confronto. Ora sono quì e sono così, domani si vedrà.

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