venerdì 14 dicembre 2007

Che strano, quando si dice il caso

L'ultimo post della "vecchia" serie parlava di un uomo.
Pochi giorni dopo, ho avuto uno scontro con quel uomo.
Dopo quella volta in cui ho perso le staffe e gli ho quasi urlato che non sopportavo più il suo atteggiamento e me ne sono andata sbattendo la porta (anche se la porta non c'era, eravamo ad un vernissage in una galleria)
NON L'HO PIU' VISTO

Non l'ho più chiamato, non mi ha più chiamato, non ci siamo più incrociati.

Ieri.
Esco dal supermercato con i miei sacchetti annodati .
Lo vedo. uguale. stesso giubbotto di pelle. stessa pelle. stessi occhiali
(no, non porta quasi mai gli occhiali...perchè li ho visti?).
Lo chiamo.
Si avvicina. Sorride ironico.
E, accidenti, mi appoggia addosso lo stesso sguardo che mi riservava.
Mi ricordo come mi faceva sentire. Capisco il fascino che emanava.

Lo sento ancora. Ma è diverso.

Parliamo un po'. Mi fissa vicino vicino, lo stesso modo.
Mi dice, e mi fa ridere,
che la sfuriata che gli feci otto mesi fa, è stata la prima di altre che gli hanno fatto altre donne.

Dice, e mi fa ridere,
che quando io sono scattata (ma lo aveva detto anche in quell'istante)
sapeva che, se mi infuriavo "proprio io", sicuramente aveva esagerato.

Dice "nè parliamo, vero?"
Sì.

Ma tengo una nuova distanza. Rilassata.
"Ci vediamo?"
Sì.

Ma chiudo la giacca e afferro le buste.

Mi da il nuovo numero di telefono.
Lo saluto tre volte ma continua a sorridere, mi scruta e sorride.
Ha questo sorriso che ti spalma addosso come fosse un fluido.

Faccio due passi. Mi prende per la manica della giacca.
Mi fa ridere.
Sì. Ok. Ma mollami!
Ridiamo. Un piccolo strattone e mi libero.
ciao.

Scoperta la giusta distanza.

Sì. Chiuderemo questa partita.

Mi sento più libera

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