lunedì 23 maggio 2011

Never ending burocratici incubi

Udienza oggi. Dopo mesi di corri a destra e a manca.
Funziona che chiedi alla tizia dello sportello informazioni e manco si alza ma ti dice "non vedo niente". Le infilo la mia convocazione sotto al naso e mi risponde, svogliata ai duemila, che devo leggere da qualche parte dove sta oggi il mio giudice. Leggo, aula 29, cerco e mi dico che per fortuna sono brava a trovare le stanze non segnalate in mille corridoi. Il giudice è una bella signora in jeans ed elegante maglietta basic. C'è un ordine ma la realtà è che gli avvocati sono tutti intorno alla scrivania e lei ascolta chi avanza. Chiedo ad uno che numero abbia, che è alto e con piglio arrogante, la risposta è secca "non ci ho neppure guardato". Vabbè, le udienze sono pubbliche per legge, ma mi sembra un pochino esagerato che tutti parlino dei fatti di tutti davanti a tutti. La privacy?
Avanzo anch'io, tipo delicato gioco della "sgomitata garbata", la vedo la numero due un po' arretrata, lo so che eravamo le uniche a sognare si seguisse l'ordine...
Il mio fascicolo è nelle mani del giudice, che l'abilità è farlo sfiorare le sue dita quando non rischi di farla arrabbiare, se lo afferra gli altri aspetteranno e ascolteranno i fattacci tuoi. Sfoglia, ascolta, capisce. E, tragedia, afferma perentoria che la controparte non c'è e non ha avuto la notifica. Come??? Una minuscola cosa lo dice in un minuscolo timbro. Sì, discuto, ma io che cavolo ci posso fare se è sparita nel nulla??? Scambio fra l'unico cittadino privato e il giudice che poi dice che devo aspettare che poi mi farà il verbale. Aspettiamo facendoci una cultura sui dibattiti di cinque minuti. Una serie di cavoli di altri pazzesca! Mi innervosisco vedendo questa cosa non finire mai, che le partite le chiude tutte con seconde udienze per il 14 di ottobre. Poi mi calmo sotto suggerimento della mia testimone (che nessuno ha pensato di interpellare, ovviamente). E, venti minuti dopo, riprendo la parola, spiego la situazione un po' brontolando un po' proponendo, questa volta le chiedo di fare sentenza per liberarmi dall'incubo (mostro ingiunzione di pignoramento). Gli avvocati ascoltano in silenzio e annuiscono partecipi (ora sono i miei affari in piazza). Decide, acchiappa il foglio e dice "in effetti è stupido lasciarla in questa condizione assurda, qualcosa mi invento". Scrive e poi mi predica di non fare mai più una cosa del genere e di non fidarmi della gente e di utilizzare gli avvocati...Ora è discussione sui massimi sistemi fra la formichina (io) e la giudice. Immagino sappia meglio di me che la sua funzione sarebbe evitare iter legali immensi. La ringrazio infinitamente. Non ho letto ma confido nella sentenza definitiva.
Che cosa devo fare ora? Risposta semplice: aspettare, ma dai!

Non si è risolto ancora niente, ma si risolverà, quando non è dato sapere.

Chiamiamo l'amico splendido, esperto di beghe fiscali, pranzo con lui in tenuta da pinguino. Decifra le quattro righe "ha messo la tizia in contumacia, sentenzia".
Però il procedimento di ingiunzione cattiva andrà intanto fermato.
Indovina come? Devo pagare e poi rimettere in piedi un'altra storia lunga per avere il rimborso. Bello. E meno male che ormai sono anni che TUTTI dicono che non spetta a me pagare e che si evince da ogni millimetro dei documenti che presento.

Con qualcuno però pare si sia sciolto il nodo: chi mi ha messo in questo casino ha finalmente capito qualcosa compreso lo stress di questi dieci anni.
Meglio tardi che mai!

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