giovedì 12 gennaio 2012

Cip e il suo toscano

Che l'ho chiamato in mezzo alla sala del cinema. Ho detto Cip, non Cipolla...
Che in realtà lo chiamavo Cipolla. Non potevo gridare Cipolla.
Era contento di vedermi, di vederci, certo che se la ricordava la mia amica, le persone simpatiche e dirette mica se le scorda.
Aveva voglia di chiacchierare, non ci ha lasciato farci i nostri saluti.
Cappellino e sigaro toscano, piumino corto e lucido da ragazzotto, soliti jeans ma scarpe diverse, non le solite scarpe inglesi super lusso, ora delle strambe con il tacco arrotondato. Il mio adorato Cip che si è ritirato in Garfagnana, dieci anni della mia vita, 6 notti a settimana per dieci anni. E' tanto tempo, come un compagno, forse di più.
Settan'anni? Mi, ci ha raccontato tutti i suoi malanni da vecchiaia, un paio gli ho spiegato che non sono solo da anziani, era tutto contento e sollevato.
Rideva molto, abbiamo riso molto. Delle malattie e delle paure e di tanto altro.

Sua moglie, confessa, gli ha detto che magari non dovrebbe raccontare a tutti del suo problema di DURATIO PENIS. Lui lo fa e ride e te lo spiega esattamente.
Buonanotte Cipolla, va bene, andiamo a mangiare indiano, promesso.
No Cipolla, non esiste a Bologna un indiano come Khan di Londra, Khan di Londra c'è solo a Londra, come faccio a farlo venire nella nostra città!
"Va bene-mi dice-allora se non c'è, andremo dove dici tu".
Buonanotte.

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